Dopo la Groenlandia abbiamo deciso di aprire nuovamente il cassetto dei sogni e realizzarne un altro tra quelli più grandi: andare alle isole Svalbard, nel regno dell’orso polare. Così abbiamo preso carta e penna e abbiamo iniziato a scrivere tutto quello che volevamo fare e vedere e le esperienze che volevamo provare. Abbiamo iniziato a documentarci sulla storia delle Svalbard e sulle curiosità che caratterizzano queste isole in cima al mappamondo, a pochi chilometri dal Polo Nord.
Prima di partire sapevamo che alle Svalbard ci avremmo lasciato il cuore, ne eravamo sicuri, avevamo aspettative altissime che sono state tutte superate ampiamente. Le Svalbard ci hanno rubato il cuore ancora prima di atterrare. Già in volo abbiamo avuto la fortuna di poter osservare l’immensità del deserto Artico. Abbiamo osservato l’immensità dei suoi ghiacciai e l’enorme quantità di ghiaccio marino che circondava le isole.
Sapevate che l’atterraggio alle isole Svalbard è considerato uno dei più pericolosi al mondo? La pista di atterraggio è corta ed è circondata dalle montagne. I piloti devono fare molta attenzione a non sbagliare e, in caso di poca visibilità, dovranno fare due o tre tentativi prima di poter atterrare. Questa manovra però, seppur difficile, vi catapulterà direttamente in un luogo magico. Un mondo di ghiaccio che da li a poco avrete modo di scoprire e amare secondo dopo secondo.
Date un’occhiata alla nostra guida su come organizzare un viaggio alle Svalbard per iniziare ad organizzare il vostro viaggio ai confini del mondo!
Un po’ di storia delle isole Svalbard: dall’essere foresta tropicale alla scoperta delle isole
Ebbene si, avete letto bene il titolo! Circa 380 milioni di anni fa, dove oggi troviamo temperature glaciali e enormi ghiacciai, sorgeva una foresta tropicale! Lo rivelano gli studi condotti da due ricercatori britannici, Chris Berry e John Marshall, sui ritrovamenti di fossili di antiche foreste tropicali risalenti al periodo Devoniano e ritenute in parte responsabili di uno dei più catastrofici cambiamenti climatici avvenuti sul nostro pianeta negli ultimi 400 milioni di anni.
Le Svalbard in quel periodo erano situate in prossimità dell’Equatore, prima che la placca tettonica andasse alla deriva verso Nord fino a raggiungere l’attuale posizione nel Mar Glaciale Artico. Gli studi hanno inoltre scoperto che le foreste che un tempo sorgevano alle Svalbard erano formate principalmente da alberi di Lycopodium i quali, milioni di anni più tardi, si trasformarono in depositi di carbone.
Le Svalbard, il cui nome in norvegese significa coste fredde, sono state scoperte nel 1596 dall’esploratore olandese Willem Barentsz durante una spedizione alla ricerca del passaggio a nordest verso la Cina. Barentsz, non sapendo di aver scoperto un interno arcipelago, le chiamò Spitsbergen. Spitsbergen significa montagne appuntite, come le montagne che caratterizzano la costa occidentale dell’isola di Spitsbergen, l’unica zona delle Svalbard in cui si trovano montagne appuntite. Probabilmente le Svalbard erano state scoperte molti anni prima dai cacciatori e pescatori Pomors russi, ma di questo non se ne ha ancora la certezza.
Qualche anno più tardi, nel 1607, l’inglese Henry Hudson, durante un’altra spedizione alla ricerca del passaggio a nordest, esplorò parte dell’arcipelago delle Svalbard. Inizialmente arrivò nell’Isfjorden, per poi proseguire verso quello che denominò Whales Bay, il Krossfjorden e il Kongsfjorden (Baia del Re). Qui diede il nome di Kapp Mitra al lembo di terra settentrionale del fiordo. Infine raggiunse il punto più a Nord della sua spedizione, l’Hakluyt’s Headland. Il ghiaccio marino non gli permise di continuare il viaggio e dovette tornare indietro.
Dall’inizio del 1600 e per i secoli successivi le Svalbard furono meta di balenieri inglesi, danesi, olandesi, francesi e spagnoli e di cacciatori russi e norvegesi. Inizialmente i balenieri cacciavano i trichechi, fino a ridurli quasi all’estinzione, per poi spostare l’attenzione sulla balena della Groenlandia (o balena artica). Successivamente arrivarono anche i cacciatori, i quali iniziarono a cacciare orsi polari e volpi artiche. Verso la fine dell’Ottocento le attività di caccia e pesca diminuirono e alle Svalbard si avviarono le prime attività di ricerca scientifica. Le isole diventarono una destinazione turistica e gli esploratori le usarono come base per le esplorazioni artiche dei primi anni del Novecento.
Nel Novecento alle isole Svalbard iniziò l’attività di estrazione del carbone. Inizialmente ci provarono 5 norvegesi partiti da Trondheim, ma non avendo sufficienti risorse economiche per poter aprire delle miniere si videro costretti a vendere la loro piccola compagnia. Nel 1901 un noto imprenditore americano, John Munroe Longyear, arrivò sulle isole a bordo della nave S/S Augusta Victoria per una semplice vacanza con la famiglia. Longyear trovò particolare interesse in questa zona tanto da decidere di tornarci qualche anno dopo per avviare la sua attività nel settore carbonifero.
Acquistò per circa 18.000 corone norvegesi la compagnia dei 5 ragazzi e nel 1906 aprì una sede della sua compagnia Arctic Coal Company. La compagnia inizialmente contava 40 minatori che aprirono la prima miniera chiamata Amerikanergruva o miniera 1A. I minatori diedero anche vita al piccolo centro abitato di Longyearbyen, originariamente chiamato Longyear City. Negli anni successivi l’attività di estrazione del carbone aumentò notevolmente e vennero aperte nuove miniere.
Nel 1916 gli americani lasciarono tutta l’attività ai norvegesi, alla Store Norske Spitsbergen Kulkompani A/S, e rinominarono l’insediamento in Longyearbyen. I norvegesi continuarono l’attività mineraria a pieno regime fino agli inizi degli anni ’90, quando la città subì un cambiamento radicale e l’unica miniera attiva rimasta ad oggi è la numero 7. Negli anni ’20 vennero inoltre stabiliti altri insediamenti di estrazione del carbone permanenti a Barentsburg, Grumant, Pyramiden, Svea e Ny-Ålesund.
Nel 1920 è stato stipulato il Trattato delle Svalbard il quale riconosce la sovranità della Norvegia sull’arcipelago. Il trattato è entrato in vigore nel 1925 rendendo definitivamente le isole parte integrante del Regno di Norvegia. Inizialmente solo 14 stati firmarono il trattato delle Svalbard, mentre ad oggi se ne contano 46. Questo trattato ha imposto la demilitarizzazione delle Svalbard, ha eliminato lo stato di mare liberum delle isole, ha determinato il cambio del nome dell’arcipelago da Spitsbergen a Svalbard e tutti gli stati firmatari hanno ottenuto gli stessi diritti per quanto riguarda le attività commerciali svolte sulle isole, come ad esempio l’estrazione del carbone, la caccia e la pesca.
Alle Svalbard arrivò anche la Seconda Guerra Mondiale, l’attività mineraria venne interrotta e le isole furono evacuate completamente nel 1941. Le isole Svalbard richiamarono l’interesse dei tedeschi in quanto si trovano in un punto strategico nel Mar di Barents. Da lassù gli alleati transitavano per portare gli aiuti all’esercito russo a Murmansk.
Un tesoro per i geologi
Le isole Svalbard vantano una lunga e ricca storia geologica e richiamano ogni anno migliaia di geologi provenienti da tutto il mondo per studiare la conformazione delle loro montagne. Pensate che le rocce più antiche ritrovate alle Svalbard sono minerali di zirconi risalenti a 3.200 milioni di anni fa! Se si osservano attentamente le montagne delle isole Svalbard è possibile, anche per i meno esperti, osservare le diverse stratificazioni rocciose formatesi in milioni e milioni di anni, da quando le isole Svalbard si trovavano vicine al Polo Sud e, successivamente, all’equatore.
Ma perché le Svalbard sono caratterizzate da queste stratificazioni così evidenti? Nel corso di milioni di anni le isole Svalbard sono state sommerse più volte modellandosi lentamente. L’oceano non ha fatto altro che comprimere e pressare nei fondali marini tutto ciò che milioni di anni prima era terra emersa. La successione geologica delle Svalbard è solitamente suddivisa in tre epoche principali: il vecchio basamento (Precambriano e inferiore Paleozoico), rocce sedimentarie inalterate (tardo Paleozoico al Terziario) e giovani depositi non consolidati (quaternario).
Lo strato più antico, il cosiddetto basamento, risale a 570 milioni di anni fa, mentre durante l’epoca Siluriana, da 440 a 410 milioni di anni fa, due placche continentali si sono scontrate creando profonde faglie e la catena montuosa di Caledonia che si estendeva dalle Svalbard alla Scozia (vecchia Caledonia) attraversando la Scandinavia fino ad arrivare agli Appalachi nel Nord America. L’altra parte della catena si trovava in Groenlandia, che ai tempi era collegata con il Nord Europa. La montagna più alta delle isole Svalbard, la Newtontoppen, è costituita da rocce del tardo Siluriano.
Durante il periodo Devoniano, le Svalbard settentrionali iniziarono ad essere nuovamente sommerse dall’oceano. I fiumi erosero piano piano le montagne caledoniane depositando grandi quantità di sabbia, ghiaia e fango nei letti dei fiumi e nel mare. Gli strati devoniani sono caratterizzati da arenaria rossa e il colore rosso implica periodi di clima secco e desertico. In quell’epoca, dai 410 ai 360 milioni di anni fa, le isole Svalbard si trovavano vicino all’Equatore.
Successivamente si crearono alcuni degli strati che oggi possiamo osservare nelle parti settentrionali e orientali dell’Isfjorden. Il primo strato, formatosi nel periodo del Carbonifero dai 350 ai 290 milioni di anni fa, è uno strato ricchissimo di carbone. Quando le Svalbard si trovavano all’altezza dell’Equatore erano ricoperte da foreste tropicali. Queste foreste, morendo, si sono sedimentate nel terreno e, attraverso un lungo processo naturale, si sono trasformate in carbone.
Il secondo strato, formatosi nel periodo del Permiano dai 290 ai 245 milioni di anni fa, è ricco di gesso formatosi alla fine del Paleozoico, quando le Svalbard divennero di nuovo terra asciutta per un breve periodo permettendo ai solfati di cristallizzarsi al di fuori dell’acqua di mare. I depositi di età mesozoica, formatisi dai 245 ai 65 milioni di anni fa, sono testimonianze di un periodo con un clima più moderato. In questo periodo la maggior parte delle isole erano nuovamente ricoperte dal mare, abitato da plesiosauri e ittiosauri. Recentemente una squadra di ricercatori del Natural History Museum di Oslo hanno ritrovato i fossili di due Plesiosaurus e un Ichthyosaurus nella zona di Deltaneset.
Durante il periodo Cretaceo, tardo Mesozioico, la crosta terrestre si spaccò e iniziò a crearsi l’Oceano Atlantico. Si formarono masse di magma fuso e dolerite, visibili in molte zone delle Svalbard come ad esempio sulla Kong Karls Land. Durante il primo periodo Terziario, dai 60 ai 40 milioni di anni fa, l’angolo nord-occidentale del continente europeo, con le Svalbard e il Mare di Barents, si è lentamente staccato dalla Groenlandia nord-orientale.
Durante questo procedimento le Svalbard e la Groenlandia si sono scontrate, provocando un intenso piegamento degli strati della costa occidentale dell’isola di Spitsbergen e creando una nuova catena montuosa. Nella fase centrale del Terziario ci fu un’altra fase di vulcanismo. Verso la fine invece il clima delle Svalbard si raffreddò gradualmente come conseguenza della lenta deriva verso Nord. I depositi più giovani sono quelli di età Quaternaria, che è iniziata circa 2 milioni di anni fa e si estende fino ai giorni nostri. In questo periodo le isole erano situate all’interno della zona polare e sono state soggette a diverse glaciazioni.
Un po’ di geografia..E di numeri da record!
Le Svalbard sono un arcipelago situato tra i 74° e gli 81° di latitudine Nord, a circa 1.000 chilometri dal Polo Nord. Le isole sono posizionate nell’Oceano Artico, il più piccolo dei 5 oceani, il quale rimane ghiacciato per buona parte dell’anno. La superficie delle Svalbard è di oltre 61.000 chilometri quadrati. I due terzi di essa è ricoperta da 7 parchi nazionali e ben 23 riserve naturali.
Le isole Svalbard sono coperte per il 60% da ghiaccio, non ci sono alberi ma soltanto muschi e licheni che ne ricoprono circa il 10%. La restante parte (circa il 30%) è formata da rocce, da montagne più o meno appuntite, fiordi e infinite valli. Il ghiacciaio più grande è l’Austfonna (8.412 chilometri quadrati) sull’isola Nordaustlandet, seguito dall’Olav V Land e dal Vestfonna.
La più grande delle isole è Spitsbergen, che costituisce più della metà dell’arcipelago, seguita da Nordaustlandet e Edgeøya. Spitsbergen ospita tutti gli insediamenti delle Svalbard, fatta eccezione per le stazioni meteorologiche situate su Bjørnøya e Hopen. Sull’isola si trova anche la loro capitale Longyearbyen, il centro abitato più a nord del mondo con i suoi 78°13′ Nord. In realtà l’insediamento scientifico di Ny-Ålesund si trova più a Nord rispetto alla capitale, esattamente a 78°55′ Nord, ma non avendo una popolazione superiore ai 1.000 abitanti non può essere classificato come centro abitato.
Ny-Ålesund però vanta alcuni record come ad esempio l’ufficio postale e l’albergo più a Nord del mondo. L’isola di Kvitøya ha una superficie di 682 chilometri quadrati. È coperta dal ghiaccio per il 99,3% ed è la parte più orientale del Regno di Norvegia, a soli 62 chilometri dall’isola russa Victoria.
La posizione geografica delle isole Svalbard è conosciuta anche come deserto artico, caratterizzato da temperature polari e precipitazioni bassissime. Solitamente le precipitazioni sulla costa ovest dell’arcipelago e non superano i 200/250 ml l’anno. Purtroppo però, a causa del riscaldamento globale, negli ultimi anni le piogge stanno notevolmente aumentando. Basti vedere le precipitazioni anomale dell’estate di 3 anni fa oppure dell’inverno di quest’anno (2018). Queste causano notevoli ritardi nella formazione del ghiaccio marino e costringendo gli orsi polari a spostarsi più a Nord del solito.
Quando siamo stati alle Svalbard a Marzo infatti una guida ci ha spiegato che, sulla costa est famosa per l’alta concentrazione di orsi polari, l’ultimo avvistamento risaliva a più di 3 settimane prima del nostro arrivo in quanto in quel periodo aveva inaspettatamente piovuto tanto e il ghiaccio marino non aveva avuto modo di formarsi come avrebbe dovuto. Nonostante la loro remota posizione la temperatura più bassa mai registrata è di -40°C a Barentsburg e -45°C a Longyearbyen.
La morfologia delle Svalbard si è creata durante diverse ere glaciali, quando i ghiacciai hanno modellato il plateau creando fiordi, valli e montagne. La montagna più alta delle Svalbard è la Newtontoppen con i suoi 1.717 metri, seguita dalla poco più bassa Perriertoppen con i suoi 1.712 metri, dalla Ceresfjellet (1675 m), dalla Chadwickryggen (1640 m) e dalla Galileotoppen (1637 metri). Il fiordo più lungo invece è il Wijdefjorden con i suoi 108 chilometri, seguito dall’Isfjorden con i suoi 107 chilometri, dal Van Mijenfjorden (83 chilometri), dal Woodfjorden (64 chilkometri) e dal Wahlenbergfjorden (46 chilometri).
Le Svalbard sono isole molto ostili e il clima artico può raggiungere livelli veramente estremi. Per via di queste difficili condizioni alle Svalbard non ci sono collegamenti stradali tra un insediamento ed un altro. In realtà qualche strada c’è e sommandole tutte si arriva ad un totale di circa 46 chilometri. Queste strade servono per collegare l’aeroporto con Longyearbyen, le miniere e le stazioni di ricerca. Ciò significa che gli unici mezzi per potersi spostare sono la barca, la slitta trainata dai cani o la motoslitta. Le Svalbard sono il paese delle motoslitte, di cui se ne contano circa 4.000 tra motoslitte private e ad uso turistico.
Politicamente parlando le Svalbard erano considerate la terra di nessuno fino ai primi anni del 1900. Fino ad allora nessuno stato aveva il controllo delle isole.
Alle isole Svalbard si è inoltre verificato il più forte terremoto della Norvegia avvenuto il 6 marzo 2009, che ha colpito le isole con una magnitudo di 6,5 gradi. Il 2017 è stato un anno record in negativo per quanto riguarda la perdita di ghiaccio alle Svalbard. Si sono formati oltre 100.000 chilometri quadrati di ghiaccio in meno rispetto alla norma.
Alle Svalbard ci sono più orsi che persone?
Alle isole Svalbard pare che ci siano più orsi polari che persone, ma non è sempre stato così. Nel periodo compreso tra la fine dell’Ottocento e il 1973 gli orsi polari furono preda di molti cacciatori. Negli anni ’20 i cacciatori uccisero più di 900 orsi all’anno e anche dopo la Seconda Guerra Mondiale il numero di orsi uccisi ogni anno era di circa 400-500 esemplari.
Intorno al 1970 probabilmente alle Svalbard erano rimasti solamente 1.000 orsi polari in serio pericolo di estinzione. Nel 1973 è stato stipulato l’Accordo Internazionale per la Conservazione degli Orsi Polari e del loro Habitat ed è stato firmato da tutti i paesi che ospitano questi meravigliosi animali (Alaska, Russia, Canada, Groenlandia e Norvegia). L’accordo è stato progettato per vietare la caccia, fermare il declino delle popolazioni di orsi polari in tutto il mondo e per preservarne l’habitat.
Il Norwegian Polar Institute ha iniziato a studiare gli orsi polari a partire dagli anni ’60, stimando, con un’indagine condotta nell’Agosto del 2004, una popolazione compresa tra i 1.900 e i 3.600 orsi polari nell’intera regione del Mar di Barents (Svalbard, Franz Josef Land e Novaya Zemlya). Nel corso degli anni e con l’aumento dei danni causati dal riscaldamento globale questo numero si è ridotto drasticamente e un nuovo censimento si è reso necessario. Nel 2015 l’istituto norvegese ha investito circa 10 milioni di corone per tentare un nuovo censimento, ma i dati raccolti non sono attendibili al 100% in quanto la Russia non ha partecipato al censimento della sua porzione all’interno del Mar di Barents. L’ultima stima attesta indicativamente 2.650 orsi polari in tutta la regione del Mar di Barents.
Pensare che alle Svalbard ci siano più orsi che persone non è del tutto corretto. Dall’ultimo censimento risulta che alle isole Svalbard ci siano circa un migliaio di orsi polari in confronto ai circa 2.600 abitanti.
A Longyearbyen esiste una zona di sicurezza fittizia, contrassegnata dalla presenza dei due ormai famosi cartelli raffiguranti un orso polare. Oltre questa zona è vietato addentrarsi senza fucile. Questa zona corrisponde circa al perimetro della città e i due cartelli sono posti uno sull’Adventfjord e uno poco dopo il porto andando verso l’aeroporto. Perché abbiamo scritto fittizia? Perché può capitare che qualche esemplare si spinga fino all’interno del centro abitato, come è successo nell’estate del 2016. Anche il giorno prima del nostro arrivo a Giugno e addirittura durante la nostra permanenza a Longyearbyen sempre a Giugno sono arrivati in città altri orsi!
In caso in cui un orso dovesse avvicinarsi alla città, un sistema invia a tutti gli abitanti un sms di allarme che invita a prendere tutte le precauzioni del caso. Quando un orso è venuto a farci visita in città, è stato utilizzato l’elicottero del Governatore per allontanarlo, spingendolo verso la parte opposta del fiordo. Durante la notte l’orso si è avvicinato nuovamente al centro abitato e la mattina seguente è stato nuovamente allontanato con l’elicottero. Purtroppo però questi allontanamenti non sempre finiscono bene, come è successo la mattina del 1 Gennaio 2020, quando un orso polare è stato abbattuto dopo essersi recato in città per 4 volte consecutive nel giro di pochi giorni.
Sparare ad un orso polare è l’ultima cosa che vi deve saltare in mente di fare: le conseguenze non sono piacevoli! La prima cosa da fare è cercare di intimorirlo utilizzando pistole lanciarazzi. Vi invitiamo seriamente ad evitare di mettervi in condizioni di pericolo tali da dover essere costretti a sparargli. Nel caso in cui ciò dovesse accadere, vi verranno fatti dei seri interrogatori. Il vostro caso verrà inoltre analizzato da un tribunale per cercare di capire se si poteva evitare l’uccisione dell’animale o se si è trattato di legittima difesa.
La prima multa alle Svalbard, pari a 10.000 corone, è stata data nel 2015 ad un turista ceco che purtroppo aveva ucciso un orso sparandogli ben 3 colpi di pistola (articolo). A seguito di un’accurata indagine è emerso che lui e il suo gruppo non avevano eseguito le misure di sicurezza necessarie per mettere in sicurezza il loro accampamento. Nel 2017 invece ad essere multata di 12.000 corone è stata una guida, la quale si era avvicinata con le motoslitte ad un orso, spaventandolo (articolo). La legge infatti vieta che si vada in cerca degli orsi polari a scopi turistici.
Alle Svalbard gli scienziati hanno dotato alcuni esemplari di orso polare di collare GPS a scopo scientifico ed è quindi possibile tracciare e monitorare i loro spostamenti. Anche il WWF partecipa a queste ricerche ed è possibile monitorare alcuni esemplari direttamente sul loro sito.
Una terra ricca di animali: ma è vietato l’ingresso a gatti, furetti e uccellini!
Le isole Svalbard sono la casa di molti animali tra orsi polari, volpi artiche, trichechi, foche, balene, husky, uccelli e renne, ma se per caso vi dovesse venire in mente di portare con voi il vostro gatto o il vostro uccellino, non fatelo! La regolamentazione concernente il divieto di importare animali alle Svalbard vieta infatti l’ingresso ai gatti in quanto potrebbero contrarre la rabbia e altre malattie dalle volpi artiche e mettere a rischio il fragile ecosistema e la popolazione di uccelli presente sulle isole. È inoltre vietato l’ingresso ai furetti e agli uccelli, fatta eccezione per gli uccellini da gabbia provenienti da Norvegia, Svezia e Finlandia.
L’unico gatto presente alle Svalbard si trova a Barentsburg. È un simpatico gattone rosso di nome Kesha, che è riuscito ad aggirare questo divieto in quanto è stato registrato erroneamente come volpe artica! Kesha purtroppo è venuto a mancare il 20 Gennaio 2021, lasciando un vuoto inestimabile nei cuori di chiunque lo abbia incontrato.
Durante un’escursione in motoslitta la nostra guida ci ha spiegato che alle Svalbard ci sono circa 10.000 renne libere di pascolare senza doversi preoccupare della presenza di altri predatori naturali al di fuori dell’uomo. È stato appurato che la renna delle Svalbard è geneticamente simile alla sua parente canadese e sono stati inoltre trovati esemplari forniti di microchip russi, testimonianza del fatto che questi animali possono percorrere lunghi spostamenti camminando sul ghiaccio marino. Al contrario delle loro parenti scandinave, le renne delle Svalbard sono leggermente più piccole, hanno un manto più folto per proteggersi dalle temperature rigide delle isole e non vivono in branchi ma in piccoli gruppi dai 2 ai 6 esemplari.
Sole di Mezzanotte e Notte Polare
Le Isole Svalbard sono l’unico posto in Europa dove si verifica il fenomeno della notte polare nella sua completezza, da circa metà Ottobre a metà Febbraio. Da metà novembre a fine gennaio il sole si trova tra i 6 e i 12 gradi al di sotto dell’orizzonte, impedendo così il diffondersi anche della luce crepuscolare, al contrario di quanto avviene invece in altre zone della Lapponia o a latitudini più basse. Ciò vuol dire che sarà sempre completamente buio per tutte e 24 le ore! La luce inizia a tornare dopo la metà di Febbraio mentre verso la fine del mese il Sole tornerà a farsi vedere sopra l’orizzonte. A Longyearbyen però, essendo circondata dalle montagne, il Sole si vedrà per la prima volta intorno all’8 Marzo.
Alle isole Svalbard ci sono le condizioni perfette anche per avvistare l’Aurora Boreale: le precipitazioni sono scarse, il cielo è spesso e volentieri limpido e l’inquinamento luminoso, al di fuori di Longyearbyen, è praticamente inesistente. Durante il periodo della Notte Polare è possibile ammirare l’Aurora Boreale anche durante il giorno e alcuni abitanti delle isole ci hanno detto che, l’Aurora vista di giorno, ha una colorazione rosa molto più intensa. Fate attenzione però a non scegliere le isole Svalbard come meta principale per la vostra caccia all’Aurora Boreale. Essendo situate molto a Nord, se l’attività è molto alta lassù l’Aurora non sarà visibile! Secondo la nostra esperienza alle Svalbard è possibile osservare l’Aurora Boreale quando l’intensità si trova tra i kp1 e i kp4 al massimo.
Se cercate informazioni su come fotografarla nel migliore dei modi, vi rimandiamo alla nostra guida completa su come fotografare l’Aurora Boreale.
Al contrario in estate, a causa dell’inclinazione dell’asse di rotazione della Terra, il sole non scende mai sotto l’orizzonte dando vita al famoso Sole di Mezzanotte. Alle Isole Svalbard questo bellissimo fenomeno è osservabile da metà aprile a fine agosto. Al 78° parallelo, dove si trova Longyearbyen, il Sole rimane alto sopra l’orizzonte per circa 123 giorni all’anno. Al 74° parallelo, punto più a Sud delle isole Svalbard, il Sole di Mezzanotte dura 99 giorni e la Notte Polare dura 84 giorni, mentre all’81° parallelo, punto più a Nord delle isole Svalbard, il Sole di Mezzanotte dura 141 giorni e la Notte Polare dura 128 giorni. Noi abbiamo viaggiato l’ultima volta a Giugno, godendoci ogni secondo di quella meravigliosa luce che solo il Sole di Mezzanotte sa regalare.
A Longyearbyen a inizio Marzo si tiene la Solfestuka, una settimana di celebrazioni per salutare la Notte Polare e accogliere il ritorno del Sole. L’intera città si raduna sui gradini in legno del vecchio ospedale alle 12:15 per attendere l’arrivo del primo raggio di Sole.
Alle Svalbard è vietato nascere e morire
Alle Svalbard non è possibile nascere: il piccolo ospedale di Longyearbyen non è attrezzato per un’eventuale emergenza nel caso in cui il parto dovesse complicarsi e perciò le future mamme, circa tre settimane prima della data prevista del parto, devono lasciare l’isola per recarsi a partorire sulla terraferma, a Tromso. Ecco perché difficilmente si incontreranno persone realmente native delle Svalbard, a parte qualche eccezione tra i più fortuiti.
Alle Svalbard non è possibile nemmeno morire: il terreno perennemente ghiacciato, chiamato permafrost, e le temperature estreme impediscono la corretta decomposizione del corpo e la distruzione dei virus contenuti. A seguito di un’epidemia avvenuta nei primi anni del ‘900, scaturita da dei virus rimasti ‘attivi’ in alcuni dei corpi seppelliti qualche anno prima, è stato emanato un provvedimento che vieta la sepoltura sulle isole Svalbard. Gli ultimi corpi sepolti all’interno del piccolo cimitero di Longyearbyen risalgono infatti agli inizi del ‘900.
Le Svalbard sono multietniche!
Alle Svalbard convivono pacificamente persone di ben 51 nazionalità differenti! Il Trattato delle Svalbard firmato nel 1920 affida il totale controllo delle isole alla Norvegia, ma garantisce anche a tutti gli stati firmatari la possibilità di sfruttarne le risorse, agevolando quindi i cittadini di questi stati nel risiedere, aprire attività o lavorare regolarmente alle Svalbard. Non dovete stupirvi infatti nell’incontrare per strada filippini, thailandesi, norvegesi, italiani, tedeschi, argentini, cileni, inglesi, americani, ucraini, russi, francesi o spagnoli.
Pensate che alle Svalbard la più grande comunità presente è quella thailandese, seguita da quella svedese e da quella filippina. Il primo thailandese si è trasferito alle Svalbard negli anni ’80, quando un minatore andato in vacanza in Thailandia fece ritorno alle Svalbard con una nuova moglie. Da allora, viste le grandi opportunità lavorative presenti sulle isole, arrivarono sempre più thailandesi fino a creare una vera e propria comunità, aprendo addirittura un ristorante thailandese.
I russi e gli ucraini sono collocati invece negli insediamenti minerari di Barentsburg, che conta una popolazione maggiormente ucraina, e Pyramiden, anche se vi risiedono circa una trentina di persone ormai dedite solamente al turismo.
Una terra per sobri!
Dimenticatevi le serate passate a bere birra al pub fino a notte fonda! Le Svalbard sono una zona tax-free, pertanto l’alcool è esente da tasse e di conseguenza i prezzi sono più bassi rispetto al resto della Norvegia. Alle Svalbard inoltre si trova il birrificio più a Nord del Mondo, la Svalbard Bryggery, e una lattina di birra da 33cl prodotta da loro costa circa 1,20/1,50€.
Fatta questa premessa le Svalbard sembrerebbero il paese dei sogni di molte persone, ma in realtà non è così. Per evitare l’alcolismo sono state introdotte delle limitazioni abbastanza severe per quanto riguarda la vendita e l’acquisto di alcool a persona. Gli alcolici sono venduti solamente al Nordpolet, un piccolo negozio situato all’interno della Svalbardbutikken, oppure nei bar o ristoranti da mezzogiorno in poi.
Sia i residenti sia i turisti possono acquistare 24 lattine di birra, 1 litro di vino e 2 litri di super alcolici a persona (oppure 4 bottiglie di vino al posto dei super alcolici) al mese. Queste limitazioni sono state introdotte con una legislazione del 1929 per evitare che i minatori si alcolizzassero.
I turisti, al momento dell’acquisto, devono mostrare la carta d’imbarco al commesso del negozio il quale apporrà un timbro e annoterà la quantità di lattine di birra o alcool acquistato e quanto ancora se ne può acquistare. I residenti invece sono muniti di una card sulla quale verrà annotata la quantità di lattine di birra o alcool acquistato, fatta esclusione per i consumi effettuati nei bar e nei ristoranti.
La più grande cantina di vini del Nord Europa
Sembra un paradosso ma, nonostante tutte le restrizioni sulla vendita degli alcolici, alle Svalbard si trova la cantina vinicola più grande del Nord Europa. Stiamo parlando dello storico Cafè Huset il cui proprietario iniziò a collezionare vini negli anni ’80 e, ad oggi, conta una collezione di oltre 20.000 bottiglie. La lista dei vini dell’Huset è stata premiata nel 2006 come Best of Award of Excellence dal Wine Spectator e gli è stata assegnata l’attuale valutazione di “Due bicchieri di vino” su una scala da 1 a 3.
Alle Svalbard c’è il laboratorio di Babbo Natale
Quando Babbo Natale non è impegnato in Lapponia, sembra che risieda nel suo laboratorio in cima al mappamondo, quasi al Polo Nord. Stiamo parlando di una vecchia miniera abbandonata situata a Longyearbyen. La miniera 2B è situata sul fianco della montagna che domina la zona di Nybyen ed è anche chiamata dai locali Julenissegruva (Santa Claus Mine). Ai bambini di Longyearbyen viene detto, sin dalla tenera età, che in quella miniera si trova il laboratorio di Babbo Natale! Durante il periodo natalizio la città addobba la vecchia miniera con luci natalizie e un albero e viene messa una cassetta della posta ai piedi della montagna per dare la possibilità ai bambini di far arrivare le loro lettere a Babbo Natale.
Storia di una volpe artica viaggiatrice: dalle Svalbard al Canada in 76 giorni!
Recentemente una giovanissima volpe artica ha stupito gli scienziati di tutto il Mondo camminando per quasi 3.500 chilometri. Ha attraversato le distese ghiacciate dell’Artico, dall’arcipelago delle Svalbard fino all’isola di Ellesmere in Canada. A stupire però non è stata solo la distanza percorsa, ma il ritmo con cui viaggiava. Ha completato il viaggio in soli 76 giorni e ha camminato fino a 155 chilometri in un solo giorno. Il tracciamento di questa fenomenale impresa è stato possibile grazie ad un dispositivo GPS collegato ad un anello attorno al suo collo.
La piccola volpe, una femminuccia, che non aveva nemmeno un anno di vita, è partita dall’isola di Spitsbergen a marzo dell’anno scorso. Tre settimane dopo raggiunse la Groenlandia, prima di continuare il suo viaggio attraverso il ghiaccio marino e la tundra fino all’isola Ellesmere in Canada, dove arrivò all’inizio di luglio. Questa è la velocità di movimento più veloce registrata per questa specie, hanno detto gli scienziati in un articolo pubblicato dal Polar Research, la rivista del Norwegian Polar Institute.
Il suo viaggio è stato possibile solo grazie al ghiaccio marino che collegava le isole che stava attraversando, ma il riscaldamento globale nei prossimi anni potrebbe cambiare questa situazione. Se il ghiaccio marino intorno alle Svalbard si riduce ulteriormente, le volpi che vivono nell’arcipelago saranno completamente tagliate fuori dalle altre popolazioni che vivono nell’Artico. La tendenza alla riduzione del ghiaccio marino è una grande preoccupazione per il futuro, ha affermato il dott. Tarroux. Le volpi sulle Svalbard hanno molto da mangiare, ci sono un sacco di renne e uccelli marini, ma avrebbe un impatto sulla diversità genetica della specie.
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2 Comments
lilly
12 Febbraio 2019 at 19:40Sei una tentatrice da far rabbrividire il diavolo che di tentazioni la sa lunga. 😉
Ho trasformato il tuo articolo in un pdf e conservato gelosamente nellacartella dedicato alle Svalbard.
Grazie mille per tutte queste preziosissime informazioni tutte riassunte in un unico post. <3
Elisa Polini
12 Febbraio 2019 at 21:29Grazie a te Lilly! Mi fa davvero tanto piacere 🙂
Chissà se un giorno davvero riusciremo ad andarci insieme lassù! <3