Uno degli argomenti che ci sta più a cuore quando parliamo dell’Artico è il problema del riscaldamento globale e dei danni che sta causando in quest’area fragile del pianeta e non solo. L’Artico è la regione polare settentrionale del nostro pianeta, situata al di sopra del Circolo Polare Artico. La terra e il mare dell’estremo Nord sono perennemente ricoperti di neve e ghiaccio mentre la parte più meridionale, comprendente la parte settentrionale del Nord America e dell’Eurasia, è coperta da boschi boreali, separati dall’estremo Nord da una vasta distesa di tundra. Durante il mio recente viaggio ho avuto modo, purtroppo, di toccare con mano i danni causati dal riscaldamento globale in Groenlandia e di raccogliere le testimonianze di chi, con questi grossi problemi, ci vive tutti i giorni.
I danni del riscaldamento globale in Groenlandia
Il Greenland Ice Sheet è uno dei protagonisti principali nei dibattiti riguardati il riscaldamento globale in quanto gli scienziati purtroppo hanno appurato che ogni anno si scioglie più ghiaccio di quello che si forma. Questa calotta di 2.850.000 chilometri cubi di ghiaccio, secondo solo all’Antartide, rappresenta ben il 10% delle riserve mondiali di acqua e il suo scioglimento porterebbe all’innalzamento del livello degli oceani di ben 6/7 metri. Negli ultimi anni gli scienziati stanno studiando l’andamento del Greenland Ice Sheet mediante il CryoSat-2, un satellite di ricerca ambientale lanciato dall’Agenzia Spaziale Europea nel 2010.
In poche parole, la ricerca si basa sulla misurazione altimetrica, misurando come l’altitudine della calotta glaciale sia cambiata negli anni in base al guadagno o alla perdita di ghiaccio. Le maggiori perdite sono state osservate nel 2012, quando un’estate insolitamente calda contribuì a produrre una perdita di oltre 400 miliardi di tonnellate di ghiaccio. L’anno successivo ha visto una perdita relativamente modesta, di poco più di 100 miliardi di tonnellate.
Il Greenland Ice Sheet è ciò che rimane della calotta glaciale che ricopriva gran parte dell’emisfero settentrionale durante l’ultima era glaciale. Questa calotta conserva un archivio unico dell’evoluzione climatica e atmosferica degli ultimi 250.000 anni. La neve che cade sulla parte interna della calotta, viene poi sepolta dalla neve degli anni successivi. Gradualmente viene infine trasformata in ghiaccio dalla pressione della neve sovrastante. Ogni strato di ghiaccio ‘ricorda’ la temperatura del momento in cui cadde la neve, rendendo possibile studiare le variazioni del clima negli anni analizzando progressivamente i livelli di ghiaccio più vecchi.
Grazie a questi studi si è potuto constatare che i periodi di freddo intenso si sono alternati a periodi più caldi, anche di 10/20 gradi in più, per poi far spazio nuovamente a periodi freddi. L’ultima era glaciale si è conclusa circa 11.500 anni fa. Da allora il clima interglaciale è stato relativamente stabile e più caldo fino a 4.000 anni fa, quando si verificarono nuovamente dei cali delle temperature. Ci furono due periodi particolarmente freddi intorno al 1600 e 1850, la cosiddetta ‘Little Ice Age’.
Potete monitorare l’attuale scioglimento dei ghiacci sul sito della National Snow and Ice Data Center, un progetto supportato anche dalla NASA.
I balenieri e i cacciatori groenlandesi negli ultimi anni hanno constatato che lo spessore del ghiaccio marino è più sottile di circa 1 metro rispetto agli anni precedenti. I groenlandesi della costa est invece vedono arrivare molto meno ghiaccio proveniente dal Mar Glaciale Artico. Scienziati e guide locali hanno invece constatato che in alcune zone dell’isola le lingue di ghiaccio provenienti dalla calotta glaciale interna si stanno ritirando paurosamente anno dopo anno.
Uno dei luoghi maggiormente colpiti dal riscaldamento globale in Groenlandia è il bellissimo Ilulissat Icefjord, patrimonio Unesco dal 2004 situato nella Groenlandia del Nord.
Il Sermeq Kujalleq è uno dei ghiacciai più controllati al mondo. Negli ultimi 150 anni, dal 1850 al 2002, un gran numero di spedizioni scientifiche hanno visitato quest’area e hanno studiato il graduale ritiro del ghiacciaio, mentre negli ultimi anni è stato studiato dai dati satellitari raccolti. Da questi studi è emerso che il ghiacciaio si è ritirato di circa 26 km tra il 1851 e il 1950. È rimasto più o meno stabile dal 1950 al 2002, ritirandosi ogni estate e avanzando nuovamente durante l’inverno.
Dal 2001 al 2004, però, il ghiacciaio si è paurosamente ritirato di circa 12 km senza più avanzare. La grande baia di ghiaccio, Tissarissoq, sul lato meridionale del fiordo, è ora isolata dal ghiacciaio principale e, nell’estate del 2003, ha iniziato anch’essa a ritirarsi considerevolmente. Sono stati trovati numerosi fossili di conchiglie, segno che la baia era in passato una baia marina. Forse, purtroppo, potrebbe tornare ad esserlo nel giro di qualche anno.
Normalmente l’Ilulissat Icefjord è pieno di ghiaccio durante tutto l’anno. Da giugno a settembre il fiordo è solitamente pieno di piccoli icebergs alla deriva. Il resto dell’anno invece il ghiaccio marino ricopre tutta la superficie del fiordo. Negli ultimi anni, tuttavia, le parti esterne del fiordo sono state spesso senza ghiaccio per lunghi periodi sia in autunno sia all’inizio dell’inverno, creando non pochi problemi alla popolazione locale, specialmente a pescatori e cacciatori.
La nostra guida ci ha raccontato che anche il ghiaccio marino della Disko Bay è sempre più sottile e sempre meno esteso negli ultimi decenni, impedendo alla popolazione di spostarsi con le proprie motoslitte. Ci ha anche raccontato che un tempo era possibile addirittura raggiungere la Disko Island in motoslitta!
Questa situazione crea problemi soprattutto ai pescatori e ai cacciatori. Il ghiaccio marino è troppo sottile per poter uscire in motoslitta e troppo spesso per poter uscire in barca.
Abbiamo trovato questo video, questi video e questo articolo che rendono benissimo l’idea di quanto stia accadendo in Groenlandia a causa del riscaldamento globale, mettendo a confronto diverse foto del secolo scorso con foto del secolo attuale.
Le conseguenze sulla fauna locale
Il riscaldamento globale in Groenlandia è un pericolo anche per la fauna che vi abita.
L’Orso Polare è l’animale più colpito dal riscaldamento globale in Groenlandia e non solo.
Questo bellissimo predatore ha bisogno del ghiaccio marino per poter cacciare le foche, le sue principali prede. A causa del riscaldamento globale si sta riducendo il periodo di durata del ghiaccio marino, restringendo di conseguenza il periodo durante il quale l’Orso Polare può cacciare.
Gli Orsi Polari sono inoltre costretti a percorrere lunghe distanze a nuoto per poter cacciare o anche solo per spostarsi da un luogo all’altro, rischiando di morire annegati lungo il tragitto o di diventare preda di orche e squali.
Per approfondimenti su questo splendido animale, vi rimandiamo al nostro articolo Curiosità sugli Orsi Polari: cosa sapere sul Re dell’Artico.
Il riscaldamento globale in Groenlandia sta avendo pericolose conseguenze anche sulle renne che vi abitano. Il loro habitat e il clima stanno cambiando troppo velocemente impedendo loro di adattarsi. Durante le estati, sempre più calde anno dopo anno, l’attività degli insetti è aumentata e, infastidendole, impediscono alle renne di cibarsi a sufficienza per mettere il peso e il grasso necessario per proteggersi dal freddo dell’inverno.
La primavera arriva sempre più in anticipo e ciò significa che le piante potrebbero essere già cresciute prima che le renne raggiungano i nidi per partorire i loro cuccioli e cibarli. Gli inverni sempre più caldi provocano più piogge che, insieme alla neve sciolta a causa del clima più caldo, possono formare uno strato di ghiaccio sul suolo, impedendo alle renne di scavare per trovare cibo e di conseguenza facendole morire di fame.
Il riscaldamento globale in Groenlandia, e non solo, può portare ad un’espansione delle foreste verso il Nord e può ridurre le dimensioni delle aree di tundra, importanti aree di nidificazione per centinaia di milioni di uccelli migratori.
Si teme che entro la fine del secolo molte specie di uccelli perderanno oltre il 50% dell’area dove solitamente nidificano, tra cui diverse specie di uccelli marini in via di estinzione.
Il riscaldamento dell’Oceano Atlantico del Nord ha portato ad una riduzione del ghiaccio marino, aumentando il tasso di mortalità dei cuccioli di foca della Groenlandia negli ultimi 30 anni. L’aera ricoperta dal ghiaccio marino invernale è diminuita di circa il 6% a decennio da quando sono iniziati gli studi satellitari dell’aerea nel 1979, rendendo sempre più difficile la ricerca di un posto dove partorire ed allevare i propri cuccioli. Se mamma foca non riesce a trovare un pezzo di ghiaccio stabile, si rischia che i cuccioli nascano in acqua, provocandone l’annegamento. Inoltre l’assenza di ghiaccio lungo le rotte di migrazione verso Nord, fa si che i cuccioli non possano riposarsi e muoiano annegati.
I mesi in cui le foche danno alla luce e allattano i propri piccoli vanno da febbraio a marzo. Mesi in cui il ghiaccio marino inizia a sciogliersi a causa del riscaldamento globale.
In Groenlandia esiste anche una piccola popolazione di trichechi, concentrata maggiormente nella zone Est dell’isola, all’interno del Parco Nazionale, e ad ovest da Sisimiut verso il Thule. Solitamente vivono sulla costa vicino al ghiaccio marino o a pezzi di ghiaccio fluttuanti. Qui l’acqua non è troppo profonda e si possono immergere con facilità per procurarsi cozze e molluschi per cibarsi.
A causa del riscaldamento globale e della conseguente riduzione del ghiaccio marino, il tricheco ha sempre più difficoltà nel procurarsi il cibo. Più il ghiaccio rimane lontano dalla costa e più l’acqua diventa profonda, meno molluschi troverà per cibarsi.
Conseguenze sulla popolazione locale
La popolazione della Groenlandia è una tra le più colpite dal riscaldamento globale impedendo loro di adattarsi. Loro stessi hanno riportato già diversi cambiamenti e diverse problematiche:
❄ Il meteo è sempre più variabile e meno prevedibile. Anziani e cacciatori non sono più in grado di prevedere il tempo tramite i loro metodi tradizionali. Si verificano sempre più tempeste improvvise, in molti luoghi è sempre più nuvoloso e la direzione del vento cambia improvvisamente. Questo provoca molti problemi alle attività con cui vivono le popolazioni indigene, dalla caccia alla pesca e all’essiccazione del pesce.
❄ Le caratteristiche e le qualità della neve e del ghiaccio sono cambiate e sono aumentate le precipitazioni gelide. I cacciatori hanno sempre più problemi nel costruire gli igloo, che gli servono da riparo durante lunghe battute di pesca o in caso di emergenza. L’aumento delle piogge gelide e l’aumento di cicli di congelamento e disgelo stanno influenzando la capacità di renne, caribù, buoi muschiati e di altri animali selvatici di trovare cibo durante l’inverno, che a sua volta influenza i popoli indigeni che dipendono da questi animali.
❄ Il ghiaccio marino è in continua diminuzione, dura sempre meno ed è molto più sottile. Il pack (ghiaccio marino) è sempre più lontano dalla costa e sempre più sottile per consentire ai cacciatori e ai pescatori di avventurarsi in maniera sicura. Meno ghiaccio marino rende il mare tempestoso più violento e pericoloso per i cacciatori e i pescatori.
❄ Le stagioni stanno cambiando. Ci sono piogge più frequenti in autunno ed in inverno e sempre più caldo in estate. La distribuzione della vegetazione sta cambiando e questo fa si che le abitudini degli animali cambino, molti animali non si trovano più nelle solite aree di caccia stagionali.
Cosa si sta facendo a livello mondiale e cosa si può fare nel nostro piccolo?
L’11 dicembre 1997 è stato sottoscritto il protocollo di Kyoto, entrato in vigore il 16 febbraio 2005 a seguito della ratificazione della Russia, che impegnava i Paesi sottoscrittori ad una riduzione quantitativa (5%) delle emissioni di gas ad effetto serra rispetto ai propri livelli di emissione del 1990, in percentuale diversa da Stato a Stato. I gas soggetti a riduzione sono:
- la CO2 (anidride carbonica), prodotta dall’impiego dei combustibili fossili in tutte le attività industriali ed energetiche oltre che nei trasporti;
- l’N2O (protossido di azoto), prodotto nel settore agricolo e nelle industrie chimiche;
- il CH4 (metano), prodotto dalle discariche dei rifiuti, dagli allevamenti zootecnici e dalle coltivazioni di riso;
- gli HFC (idrofluorocarburi), i PFC (perfluorocarburi) e l’SF6 (esafluoruro di zolfo), impiegati nelle industrie chimiche e manifatturiere;
Oltre a questo trattato, nel corso degli anni si è lavorato molto anche sull’ottimizzazione di diversi settori, quali:
❄ Ottimizzazione dei trasporti, costruendo sempre più mezzi di trasporto pubblico eco friendly.
❄ Sviluppo delle energie rinnovabili, quali il sole, il vento, la geotermia e la bioenergia. Più studi hanno dimostrato che l’energia rinnovabile ha il potenziale tecnico per soddisfare la grande maggioranza delle nostre necessità energetiche.
❄ Migliore gestione delle foreste e dell’agricoltura che, insieme, rappresentano circa il 30% dell’emissione di gas a livello globale. Si può contrastare l’aumento del riscaldamento globale riducendo la deforestazione e rendendo le nostre pratiche di produzione alimentare più sostenibili.
❄ Sviluppo e implementazione di nuove tecnologie a basse emissioni di carbonio.
Anche ognuno di noi, nel nostro piccolo, può aiutare nella riduzione dell’emissione di questi gas, evitando gli sprechi di energia o di acqua e scegliendo di vivere e viaggiare in maniera più sostenibile.
Qui sotto trovate invece il video del nostro viaggio in Groenlandia. Enjoy!
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Se invece, come me, hai a cuore il tema riguardante il riscaldamento globale, dai un’occhiata alla mia intervista a Angaangaq, uno sciamano groenlandese.
Scopri di più sull’Artico iniziando dalla nostra guida Artico: un mondo da proteggere oltre il Circolo Polare Artico e dalla nostra Photo Gallery! Per approfondimenti sulle popolazioni dell’Artico date un’occhiata al nostro progetto People of the Arctic: un viaggio alla scoperta degli abitanti dell’Artico.
4 Comments
Francesca
5 Luglio 2017 at 8:55Eli, complimenti per l’articolo. E’ facile raccontare di quanto sia bella una destinazione ma non è affatto semplice parlare dei problemi che l’affliggono senza risultare pesante e tu ci sei riuscita benissimo, fornendo tantissime informazioni interessanti.
Molto spesso non ci si rende conto di quello che sta succedendo nel resto del mondo e, pur essendo consapevoli dell’esistenza del problema, lo sottovalutiamo perché non tocchiamo con mano: i post come il tuo aiutano proprio ad evitare questo, ad aprirci ad una sensibilità maggiore.
Grazie 🙂
Elisa Polini
5 Luglio 2017 at 10:02Ciao Francesca, grazie mille per le belle parole.
Sono proprio contenta di essere riuscita a trasmettere il mio pensiero in maniera semplice.
Il mio intento è proprio quello di raggiungere più persone possibili per mettere in evidenza un problema reale, grave e che andrebbe trattato con maggior sensibilità. 🙂
Vale Virna
24 Giugno 2017 at 12:17Un gran bell’articolo, dettagliato e completo. Lo condivido perché quello del riscaldamento globale è un argomento che mi sta molto a cuore e su cui tutti dovremmo soffermarci maggiormente.
Elisa Polini
24 Giugno 2017 at 12:25Ciao Vale, grazie mille mi fa davvero piacere che ti sia piaciuto! E’ un argomento che ho a cuore essendo grande amante dell’Artico e spero di riuscire a far pensare più persone possibili con le mie parole e le mie foto. Grazie davvero 🙂