Quando abbiamo detto ai nostri amici napoletani che avremmo visitato la loro meravigliosa città siamo stati letteralmente invasi di consigli su cosa mangiare a Napoli, dalle specialità locali che non dovevamo assolutamente perderci alle trattorie e locali tradizionali dove dovevamo assolutamente andare a mangiare.
A stento siamo riusciti a provare tutto, tornando a casa con almeno 2 chili in più ma con la pancia soddisfatta e sorridente! Così abbiamo pensato di ricambiare il favore condividendo con voi in questo articolo tutte le informazioni su cosa mangiare a Napoli e tutte le specialità napoletane che dovete assolutamente provare!
Mangiare a Napoli: storia e tradizione della cucina napoletana
I piatti salati della cucina napoletana
‘A pizza: napoletana, a portafoglio e fritta
Napoli è conosciuta in tutto il Mondo per la buonissima pizza napoletana, dichiarata dall’Unesco come patrimonio immateriale dell’umanità.
Le origini della pizza napoletana risalgono ai primi anni del 1700, mentre le prime notizie scritte risalgono alla metà del ‘700 quando Vincenzo Corrado scrisse un trattato sulle abitudini alimentari del popolo di Napoli. Queste osservazioni costituirono la nascita ufficiale della pizza napoletana, un sottile disco di pasta condito con pomodoro. La prima pizzeria di Napoli fu aperta nel 1738, la Pizzeria Port’Alba, ed è tutt’ora in attività.
La pizza napoletana è fatta con pasta morbida e sottile, lievitata a lungo, e realizzata con il cornicione di circa 1 o 2 centimetri, questa è la specialità che la distingue da tutte le altre pizze. La cottura deve essere fatta rigorosamente nel forno a legna per non più di 70 secondi.
Nella tradizione napoletana la pizza ha solamente due varianti: pizza margherita, con pomodoro San Marzano, mozzarella e mozzarella di bufala, basilico e olio, o pizza marinara, con pomodoro San Marzano, aglio, olio e origano. La pizza margherita è stata inventata da Raffaele Esposito, il pizzaiolo più famoso della storia, il quale in occasione della visita di Re Umberto I e della Regina Margherita a Napoli creò questa pizza utilizzando pomodoro, mozzarella e basilico ispirandosi ai colori della bandiera italiana. La regina apprezzò talmente tanto questa pizza che le venne dato il suo nome.
La pizza a portafoglio nasce dall’esigenza di ottimizzare il tempo a disposizione o colmare un languorino improvviso, rendendo la pizza pratica e veloce come lo street food. Questa pizza non è altro che una pizza margherita piegata in maniera compatta e facile da mangiare con le mani. Il costo di una pizza a portafoglio va da 1€ a 2€ massimo.
La pizza fritta è un piatto tipico della cucina napoletana, nata per necessità in un periodo di povertà causato dalla guerra. Non potendosi permettere nemmeno una pizza margherita, i napoletani, famosi per la creatività e l’arte dell’arrangiarsi, crearono questa nuova e più economica pizza che vendevano nei bassi, monolocali che si affacciano sulla strada. Friggere la pizza era infatti molto più economico della cottura nel forno a legna. La ricetta originale è molto semplice, prevede l’impasto della pizza tradizionale e richiede solamente del pomodoro di San Marzano, del grana e una mozzarella fior di latte. Con il tempo è stata adeguata e viene farcita anche con altri ingredienti, quali provola, ricotta, salame napoletano o prosciutto cotto.
Frittata di pasta
La frittata di pasta è uno dei piatti più sostanziosi della cucina napoletana e solitamente viene fatta con i maccheroni o con gli spaghetti. La si prepara solitamente con la pasta avanzata il giorno prima a cui si aggiungono formaggio, uova, pancetta o prosciutto e il tutto viene cotto in padella proprio come se fosse una frittata. La si può mangiare calda oppure fredda, come pranzo per un pic-nic al mare, e possiamo assicurarvi che è davvero buonissima!
Salsiccia e friarielli
I friarielli sono la parte più tenera delle cime di rapa e vengono cucinati soffritti in olio d’oliva con aglio, sale e peperoncino. Nella tradizione napoletana vengono serviti come contorno alla salsiccia. Oggi vengono coltivati prevalentemente nelle aree interne della Campania, ma una volta venivano coltivati anche a Napoli, in particolare sul Vomero, che era infatti chiamato ‘o colle d’ ‘e friarielle. Questo è uno dei piatti di cui va matto Luca!
Pasta, patate e provola
L’origine di questo piatto risale al ‘600 quando la classe povera di Napoli trovò nella pasta, nei pomodori e nelle patate degli ingredienti economici e sostanziosi con cui poter sfamare un’intera famiglia. Un tempo, per tradizione, si è sempre cercato di non sprecare niente e venivano utilizzati tutti gli avanzi per creare nuovi piatti. Per creare questo piatto, ad esempio, venivano utilizzati diversi formati di pasta che avanzavano, ai quali venivano poi aggiunte le patate e i pomodori. Una variante più moderna è la pasta e patate con l’aggiunta di pancetta e provola. Noi abbiamo assaggiato quest’ultima da Nennella e ci è piaciuta molto.
Spaghetti alla puttanesca
Gli spaghetti alla puttanesca sono un piatto veloce da preparare, nato un po’ per gioco una sera degli anni ’50 nel locale Rancio Fellone di Ischia. La storia racconta di un gruppo di ragazzi affamati che entrò nel locale e chiese di poter mangiare qualcosa ma il cuoco, l’architetto Sandro Petti, rispose di non avere più nulla da poter cucinare. I ragazzi insistettero così tanto che Petti andò in cucina, mischiò gli ultimi ingredienti che gli erano rimasti e portò ai ragazzi quelli che oggi sono conosciuti come spaghetti alla puttanesca. Puttanesca sta a significare, appunto, un miscuglio di ingredienti. Per prepararli servono pomodoro, capperi, olive nere, peperoncino, olio d’oliva, origano e prezzemolo.
Ragù napoletano, meglio conosciuto come “O’rrau”
Il ragù napoletano è un piatto tipicamente festivo e consiste nell’utilizzo di diversi tipi di carne tagliata a pezzi, bovina e suina, cotti in una salsa di pomodoro a fuoco molto lento per circa 5 o 6 ore.
Dietro al ragù napoletano si cela una curiosa leggenda. Alla fine del 1300 a Napoli prese vita la Compagnia dei Bianchi di giustizia che girava per la città invocando misericordia e pace. La compagnia giunse davanti al Palazzo dell’Imperatore, un tempo dimora di Carlo imperatore di Costantinopoli e di sua moglie Maria, abitato all’epoca da un signore scortese e rude che tutti volevano evitare. La compagnia con le sue prediche convinse la popolazione a fare pace con i propri nemici, convinse tutti tranne il nobile signore pieno di vecchi rancori e ira. Un giorno sua moglie per cercare di intenerirlo preparò un piatto di maccheroni che la divina provvidenza riempì di una salsa rossa simile al sangue. Stupito dall’accaduto il nobile signore si riappacificò con i suoi nemici e vestì il saio bianco della Compagnia. Il signore trovò la pasta davvero buona e saporita e la chiamò ‘raù’.
Casatiello
Il casatiello è il piatto tipico della Pasqua napoletana e altro non è che un ciambellone ricco di salumi, formaggi e uova cotto nel forno a legna. Questo piatto tipico ha origini antichissime e sembra essere stato citato per la prima volta a inizio ‘600 nella favola La gatta Cenerentola di Giambattista Basile. Il piatto viene associato alla Pasqua in quanto le strisce di pane che racchiudono le uova sode semi sommerse nell’impasto rappresentano la croce su cui morì Gesù mentre l’intera ciambella simboleggia la corona di spine del Crocifisso.
Pasta, fagioli e cozze
Si tratta di un primo piatto che unisce i sapori del mare e della terra, in una ricetta semplice ma molto lunga da preparare. La ricetta tradizionale prevede l’utilizzo di pasta mezzemaniche, cozze, pepe e fagioli borlotti, ma negli anni sono state introdotte anche diverse varianti.
Mozzarella di bufala
Nonostante la mozzarella di bufala non sia propriamente napoletana, ma bensì casertana e salernitana, nella cucina tradizionale napoletana non può mai mancare. Solitamente viene utilizzata come antipasto, da sola o accompagnata da affettato o da un contorno di verdura, oppure per arricchire una pizza margherita.
Minestra maritata
La minestra maritata è uno dei piatti più antichi della tradizione napoletana e campana in generale. Si tratta di una minestra a base di carne bollita insieme a tanta verdura, che si sposano alla perfezione. Per questo viene chiamata ‘maritata’. Solitamente viene preparata nei mesi invernali.
Zucchine alla scapece e melanzane a funghetto
Le zucchine alla scapece non sono altro che un contorno composto da zucchine tagliate a fettine, fritte in olio extravergine d’oliva e condite con foglie di menta e aceto.
Le melanzane a funghetto sono un contorno composta da melanzane tagliate a pezzettini, fritte e cotte in seguito in un sughetto di pomodorini.
I dolci della cucina napoletana
Sfogliatella
L’origine della sfogliatella risale al 1700 quando, nel Conservatorio si Santa Rosa da Lima situato in provincia di Salerno, una suora prese un po’ di pasta di semola avanzata nella cucina del convento, ci aggiunse un po’ di zucchero, frutta secca e limoncello, lo racchiuse in un guscio di pasta sfoglia e lo mise a cuocere nel forno. Il dolce venne apprezzato dagli abitanti della zona e venne battezzato Santarosa, in onore della santa a cui era dedicato il convento. Successivamente, nel 1818, il pasticcere napoletano Pasquale Pintauro venne in possesso della ricetta segreta della Santarosa e, apportando delle modifiche, portò il dolce a Napoli e inventò così la sfogliatella. La Pasticceria Pintauro è tutt’oggi uno dei posti più rinomati dove poter assaggiare la sfogliatella.
Esistono due varianti della sfogliatella, riccia e frolla, entrambe di forma triangolare e ripiene di crema. La riccia è caratterizzata da sfoglie croccanti sovrapposte a strati, mentre la frolla è caratterizzata da una pasta morbida. Esiste inoltre una variante della sfogliatella riccia più grande, con la forma allungata e ripiena di crema chantilly, panna o crema al cioccolato, chiamata coda d’aragosta.
Babbà
Avete presente quel buonissimo dolce a forma di campana che ti sussurra ‘mangiami’ solo guardandolo? E se vi dicessimo che in realtà il babbà non è napoletano? Ebbene si, il babbà ha origini polacche! L’inventore del babbà sembrerebbe essere Stanislao Leszczyński, re della Polonia, un grande appassionato di dolci. Ironia del destino volle che il re fosse privo di denti e non potesse mangiare i dolci tipici europei troppo secchi e asciutti. Da questa sua esigenza è nata l’idea di creare un dolce morbido bagnato nel rum. Maria Leszczyńska, figlia di Stanislao e regina di Francia, affidò l’arduo compito al pasticcere Nicolas Stohrer, il quale perfezionò una ricetta ad hoc. Il nome babbà si pensa faccia riferimento alla forma delle gonne che utilizzavano le donne di corte a quel tempo, chiamate babka in polacco. Il nome divenne poi babà in francese e babbà in napoletano.
Secondo un’altra storia invece pare che il re avesse davvero un brutto carattere ed era solito scagliare ciò che non gradiva contro i muri e i mobili. Un giorno questo movimentato destino toccò ad un povero babbà che, durante un momento di collera, finì scagliato contro una bottiglia di rum, inzuppandosi di liquore. Il re assaggiandolo ne rimase estasiato.
In seguito il babà arrivò a Parigi grazie alla figlia del re, Maria e al suo pasticcere, Stroher. Qui il dolce ebbe talmente tanto successo che in breve tempo divenne la specialità della pasticceria parigina di Rue Montorgueil. Nell’800 i grandi signori napoletani mandavano i propri cuochi a Parigi per fargli imparare la rinomata cucina francese e così, rientrati a Napoli, portarono con se la ricetta del babbà e la perfezionarono.
Struffoli
Gli struffoli sono dei dolci tipici napoletani, e della cucina mediterranea, realizzati esclusivamente durante il periodo natalizio. Altro non sono che delle piccole palline di pasta realizzata con farina, zucchero, uova, strutto, un pizzico di sale e liquore all’anice, fritte nell’olio e, una volta raffreddate, avvolte nel miele e cosparse di zucchero e confettini colorati.
Sembrerebbe però che anche gli struffoli non abbiano origini napoletane ma bensì greche o, più probabilmente, spagnole. Nella cucina andalusa esiste un dolce molto simile agli struffoli, il piñonate, la cui unica differenza sta nella forma delle palline di pasta, che è più allungata.
Pastiera napoletana
La pastiera napoletana è un dolce tipico del periodo di Pasqua ed è stata riconosciuta come prodotto agroalimentare tradizionale campano. Si tratta di una torta di pasta frolla molto simile alla crostata, farcita con ricotta, zucchero, uova, frutta candita e grano bollito nel latte. Nella ricetta classica la pastiera viene aromatizzata con cannella, canditi, scorze d’arancia e vaniglia. Inizialmente veniva preparata dalle massaie il giovedì santo, il venerdì santo o il sabato santo mentre adesso la si trova molto più frequentemente nelle pasticcerie napoletane.
Attorno a questo dolce si celano diverse leggende piuttosto carine. La prima leggenda narra che la sirena Partenope scelse come dimora il Golfo di Napoli, da dove si diffondeva il suo dolce e melodioso canto. Per ringraziarla gli abitanti le portarono 7 doni tra cui la ricotta, simbolo di abbondanza, la farina, simbolo di ricchezza, le uova, simbolo di nuova vita, i fiori d’arancio, profumo della terra campana, il grano cotto nel latte, simbolo di ricchezza e fecondità, le spezie, omaggio di tutti i popoli, e lo zucchero, per celebrare la dolcezza del suo canto. La sirena mescolò tutti gli ingredienti dando vita alla pastiera.
La seconda leggenda narra che alcune mogli di pescatori avrebbero lasciato sulla spiaggia alcuni cesti pieni di ricotta, frutta candita, fiori d’arancio, grano e uova come offerta al mare affinché facesse tornare a casa sani e salvi i loro uomini. Durante la notte le onde del mare mescolarono tutti gli ingredienti e, il mattino seguente, le donne trovarono la pastiera e i loro mariti!
In realtà la pastiera sembrerebbe essere nata nel XVI secolo tra le mura del convento di San Gregorio Armeno dove, una suora, volle unire gli ingredienti simbolici della Pasqua alle spezie e al profumo dei fiori d’arancio del convento. Nacque così la pastiera napoletana che veniva poi distribuita alle famiglie aristocratiche di Napoli.
Si racconta che persino la regina Maria Teresa d’Austria, soprannominata la regina che non ride mai, non riuscì a resistere alla dolcezza della pastiera napoletana, la quale riuscì a strapparle un sorriso. Da qui deriverebbe anche il detto magnatella ‘na risata, tipica frase che invita a farsi una bella risata.
Roccocò
Il roccocò è un dolce tipico napoletano consumato maggiormente dalle famiglie napoletane per chiudere il pranzo dell’8 Dicembre e che le accompagna durante tutto il periodo natalizio. Il roccocò è un biscotto sia morbido che duro a forma di ciambella, cotto al forno e preparato con farina, mandorle, zucchero, canditi e pisto napoletano, un insieme di varie spezie.
Il nome roccocò deriva dal termine francese rocaille per via della forma tondeggiante simile a una conchiglia arrotondata. È stato realizzato per la prima volta nel 1320 dalle monache del Real Convento della Maddalena.
Mustaccioli
I mustaccioli, o in italiano mostaccioli, sono biscotti natalizi dalla forma romboidale caratterizzati da una pasta morbida dal sapore di spezie e frutta candita e ricoperti da una glassa di cioccolato.
Grazie alla loro forma molto particolare possono ricordare i ‘mustacchi’, i baffi lunghi e folti portati dai nobili dell’epoca.
Cassatina
È una variante della cassata siciliana, preparato maggiormente nel periodo natalizio. Si pensa che anche questi dolci siano stati ideati dalle monache del Convento di San Gregorio Armeno intorno al 1700 pensado di cucinare dei ravioli dolci.
La cassatina infatti è un dolce piccolo e ovale ripieno di ricotta e ricoperto da una dolce glassa bianca. Esistono due versioni della cassatina: quella semplice farcita con confettura di albicocca e quella simile alla cassata siciliana con gocce di cioccolato o canditi.
Zeppole di San Giuseppe
Le zeppole di San Giuseppe si preparano solitamente il 19 Marzo, il giorno della festa del papà, in occasione della festa si San Giuseppe. La ricetta originale risale al ricettario del 1837 scritto dal cuoco e letterato Ippolito Cavalcanti. Nell’antica tradizione le zeppole altro non erano che semplici frittelle fatte con un impasto di farina, acqua e sale, non farcite e spolverate con un po’ di zucchero o di cannella. La zeppola di San Giuseppe è invece più ricca, è farcita con crema pasticcera e viene messa un’amarena sciroppata in cima.
Graffa napoletana
Le graffe sono delle soffici ciambelle fritte e dolci tipiche di Carnevale, ma si possono trovare durante tutto l’anno nelle pasticcerie napoletane tant’è che noi le abbiamo mangiate a colazione! Il loro impasto è composto da farina, patate e burro.
La loro origine viene associata ai krapfen inventati per sbaglio dalla cuoca Cecilia Krapf. Durante il dominio austriaco in Italia, i krapfen si diffusero in tutta la penisola e a Napoli vennero particolarmente apprezzati, tanto da farne una ricetta rivisitata e chiamarli, appunto, graffa.
Fiocchi di neve
I fiocchi di neve sono un dolce tipico napoletano inventato recentemente dalla pasticceria Poppella nel Rione Sanità. Altro non sono che soffici brioches con il cuore di panna montata, crema e ricotta, il tutto spolverato di zucchero a velo.
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