Piuro (Piür in dialetto chiavennasco) oggi è un piccolo paese con meno di 2.000 abitanti, situato nella Val Bregaglia italiana, una ramificazione della Valchiavenna in provincia di Sondrio. Oggi è necessario attraversare il paese per raggiungere i passi del Maloja, del Septimer e del Julier, anticamente conosciuti per essere tra i passaggi principali che collegavano l’Europa settentrionale all’Italia. Un luogo di alta importanza strategica e commerciale. Il paese di Piuro che conosciamo oggi però nasce sui resti dell’antico borgo di Piuro, violentemente distrutto dalla famosa frana che il 4 Settembre 1618 si staccò dal Monte Conto.
Il borgo è citato per la prima volta in un documento del 973 con il nome di Prore, nome successivamente modificato in Plurium. Questo nome sembra derivare da petrorium, che significa zona di pietre, o da plorare, che significa piangere. Quest’ultimo si riferisce ad una leggenda secondo la quale il borgo originario sorgesse più ad Est rispetto all’attuale. Questo fu poi distrutto da una esondazione del Mera, avvenuta in seguito ad una forte alluvione, e ricostruito più a valle. Di questa catastrofe però non è mai stata trovata alcuna testimonianza.
Piuro (Valchiavenna): storia e curiosità sull’antico borgo sepolto da una frana
La leggenda di Piuro
Una leggenda narra che la sera del 3 Settembre 1618 un mendicante bussò inutilmente alla porta di alcune delle famiglie più ricche di Piuro, ma nessuno ebbe compassione per lui. Solamente una famiglia umile e povera lo accolse e gli donò ospitalità. La famiglia però era talmente povera che non aveva cibo a sufficienza per sfamare tutti i figli, i quali non si accontentavano del poco che veniva dato loro da mangiare. Così, triste e addolorata, la madre ogni sera metteva a bollire sul fuoco una pentola con dei sassi, dicendo ai bambini che anche quelli, una volta cotti, si sarebbero potuti mangiare. I bambini attendevano affamati di ricevere la loro razione di cibo, ma il sonno aveva sempre la meglio, così la madre poteva buttar via i sassi.
Quando il mendicante assistette alla scena fu preso dalla compassione. L’uomo non era un mendicante qualunque ma era una figura molto vicina a Dio, così quella sera tramutò i sassi in patate. La donna, colma di gioia per la scoperta, svegliò i figli e servì a tutti le profumate e gustose patate. Il mendicante ringraziò e prima di andarsene disse alla donna che, la sera del giorno seguente, si sarebbero uditi rumori violenti all’esterno della casa e che per nessun motivo al Mondo si sarebbe dovuta affacciare alla finestra e men che meno uscire di casa.
La sera del 4 Settembre 1618 un sordo boato fece tremare le mura della casa della povera famiglia e, come le era stato detto dal mendicante, la donna non si affacciò alla finestra e non uscì di casa. La curiosità però prevalse e guardò dal buco della serratura cosa tesse accadendo. Vide solamente per pochi istanti una tremenda frana che stava precipitando su Piuro, ma poi non vide più nulla e perse la vista. La frana seppellì tutte le case dei ricchi, ma risparmiò la casa che diede ospitalità al viandante.
Un po’ di storia!
Nel corso della sua storia, Piuro ebbe numerose dispute con Chiavenna, le quali la portarono nel 1158 ad essere completamente indipendente e a diventare un comune autonomo che comprendeva la Val Bregaglia attualmente italiana. Due secoli dopo, nel 1335, Piuro e Chiavenna passarono ai Visconti duchi di Milano e successivamente agli Sforza che ne presero il posto. Altri due secoli dopo, nel 1512 la Valchiavenna passò sotto la Repubblica delle Tre Leghe grigie o dei Grigioni.
Nel XVII secolo Piuro e la Valchiavenna passarono alternamente sotto la protezione francese e spagnola. Solamente nel 1797 con Napoleone e la Repubblica Cisalpina questo territorio si staccò in maniera definitiva dal potere grigione. Il Congresso di Vienna affidò la zona al regno lombardo-veneto.
Secondo Johann Guler von Weineck, Governatore Generale della Valtellina (allora sotto il potere dei Grigioni) nel 1587-88 e che ebbe modo di visitare Piuro nel 1616, il primo nucleo abitato nella zona di Piuro fu Belforte:
«Piuro è un bellissimo borgo, che si potrebbe benissimo paragonare a una cittadina per i suoi architettonici palagi, per i campanili, le chiese ed altre costruzioni, se fosse anche cinta di mura. Il suo nome deriva dalla parola latina “plorare”, ossia piangere, a cagione di un lacrimevole disastro che ivi accadde in antico. Narra infatti una vecchia leggenda che nei tempi andati questo borgo sorgesse più addentro nella stretta gola della valle, dove una tremenda ed improvvisa piena del fiume lo travolse, distruggendolo totalmente.
In seguito i superstiti trasferirono le loro dimore nel luogo dove sorgono oggidì, e mutarono pure al paese l’antico nome di Belforte in quello attuale: ad eterna memoria della passata sciagura. Piuro è il capoluogo del territorio circostante, donde vengono gli abitatori per ricevere giustizia… Gli abitanti sono gente operosa che attende per lo più ai traffici; e poche piazze commerciali ci sono in Europa dove essi non esercitino qualche industria; perciò hanno guadagnato grande ricchezza. Ma la sventura potrebbe di bel nuovo abbattersi su questo paese, prostrandolo una seconda volta.»
Il paese, rifondato con il nome di Piuro, si estese molto rapidamente e divenne ben presto un luogo prospero e importante. In tutta la zona si coltivava segale, orzo, frumento, viti e alberi da frutto e si allevavano mucche, maiali, pecore e capre. Fin dall’XI secolo Piuro era il centro principale per la lavorazione della pietra ollare, con la quale venivano tornite le pentole (laveggi) per la cottura e la conservazione del cibo. È una pietra morbida, facilmente lavorabile e che immagazzina il calore in modo eccellente. Insieme al commercio della seta proveniente dal Lario e agli introiti provenienti dal monopolio dei trasporti lungo la Strada del Settimo, questa produzione di pentole diede a Piuro molta prosperità fino al XVII secolo.
A Piuro erano stati costruiti una tintoria, un filatoio, diversi mulini e torchi, tre torni per i laveggi, due macelli, alcuni crotti e l’ospedale situato presso la chiesa di Santa Maria. Il segno più grande della prosperità del paese erano però i suoi sette palazzi nobiliari, di cui oggi possiamo ammirare solamente la bellezza del Palazzo Vertemate-Franchi, situato a Nord della Mera. È oggi l’unico esempio di dimora signorile dell’epoca.
La frana di Piuro
All’inizio del XVII (1618) ci fu un periodo di piogge torrenziali che destarono preoccupazione negli abitanti della zona. Era risaputo che troppa pioggia porta innumerevoli problemi in montagna e si temette per una nuova esondazione del Mera, che secoli prima si portò via l’antica Piuro (Belforte). Sul finire dell’estate, alcuni contadini che lavoravano in località Prato del Conte tutto d’un tratto sentirono tremare la terra sotto ai loro piedi e notarono l’apertura di alcune fessure sul costone del Monte Conto. Corsero così ad avvertire gli abitanti del villaggio che, scettici nell’abbandonare la propria terra, non fecero caso al racconto dei contadini.
Il 4 Settembre 1618 fu il primo giorno di sole dopo tanti giorni di pioggia torrenziale e gli abitanti del villaggio corsero fuori dalle loro abitazioni per godersene ogni istante. La sera dello stesso giorno però, all’ora di cena, tutta la felicità e il benessere di Piuro furono spazzati via da una violenta frana staccatasi dal versante settentrionale del Mottaccio. In pochi minuti l’intero abitato fu invaso da una valanga di 4 milioni di metri cubi di roccia e fango che provocò la distruzione dell’abitato e la morte di oltre 1.000 abitanti. Si salvarono solamente pochissime persone, quelle che abitavano nelle frazioni più lontane e pochi fortunati in paese. Secondo i racconti dell’epoca si salvarono una donna che era a spasso con i suoi bambini, un muratore, un oste e il collaboratore del signor Podestà che era a cena in un’osteria.
Piuro oggi: gli scavi archeologici e i ritrovamenti
Il giorno successivo alla frana iniziarono i soccorsi tra le rovine, dove si udirono lamenti per due giorni. Nei giorni successivi alla frana il commissario grigione di Chiavenna Fortunat Sprecher coordinò gli scavi per cercare di recuperare il più possibile. Otto giorni dopo, otto squadre di otto uomini ciascuna si misero al lavoro per il recupero degli oggetti non andati distrutti. Furono recuperate ferramenta, legname, biancheria e arredi sacri, come una pianeta in broccato d’oro, una croce capitolare e cinque calici d’argento. Gli scavi proseguirono anche grazie agli eredi e ai preti di Piuro che incoraggiarono la ricerca delle campane, ritrovate nel 1618, 1639, 1767 e nel 1859 fu ritrovato il campanone, la Piura.
Poi per oltre 3 secoli l’antico borgo è rimasto sepolto sotto la frana mentre intorno è sorto un nuovo paese. Circa 50 anni fa si decise di riprendere a scavare dove sorgeva l’antica Piuro e da allora sono state riportate alla luce diverse rovine. Tra queste si trovano i resti del Palazzo Belfort, che non è stato completamente distrutto ma gravemente danneggiato dallo spostamento d’aria causato dalla frana.
Poco lontano, oltre il ponte per Scilano, sono stati rinvenuti i resti di un tratto di strada selciata, cinque scheletri e i resti di una officina di tornitura. In una zona ritenuta sede di mulini e botteghe per la lavorazione della pietra ollare sono stati invece ritrovati molti oggetti legati a tale pratica. Tra questi c’erano pentole, scarti di lavorazione detti botón, frammenti di terracotte e altri strumenti di uso quotidiano. Durante i lavori di arginatura del Mera, nel 1988, sono stati ritrovati altri oggetti antichi, tra cui 130 monete, alcune d’oro e provenienti da ogni parte d’Europa. Questo ritrovamento diede il via ad altri scavi archeologici nella zona.
Un altro resto dell’antico borgo distrutto è il campanile della chiesa di Sant’Abbondio. È visibile dalla strada statale, isolato fra i boschi sulla sponda sinistra del torrente. La chiesa, consacrata nel XVI secolo e non travolta dalla frana, venne sfortunatamente travolta dall’alluvione del torrente nel 1755. Successivamente, nel 1763, fu costruita una chiesa più a monte, nelle cui sacrestie ospita oggi il Museo di Piuro.
L’unica testimonianza che abbiamo oggi di Piuro prima della sua distruzione è un dipinto all’interno del Palazzo Vertemate-Franchi. Fu realizzato pochi giorni dopo la frana con i racconti dei pochi sopravvissuti. Questo dipinto è stato estremamente utile agli archeologi e agli studiosi che lavorano ancora oggi per capire come fosse Piuro prima della sua distruzione. Grazie alle nuove tecnologie utilizzate, è stato possibile realizzare una ricostruzione virtuale in 3D di ciò che un tempo sorgeva nella vecchia Piuro.
Nelle immagini seguenti alcune testimonianze di Piuro prima e dopo la frana. Veduta tratta da “Itinerarium Italiae Nova Antiqua” di Martin Zeiller pubblicata a Francoforte dal Merian nel 1640.
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