Durante i nostri tanti viaggi in Lapponia abbiamo avuto modo di passare molto tempo a stretto contatto con i Sami, ascoltando la loro storia, ascoltando i loro racconti attorno al fuoco in una kota, imparando le loro tradizioni e osservandoli nelle loro attività quotidiane, il tutto lontano dai classici circuiti turistici. Pensate che anche durante uno dei nostri viaggi alle Svalbard abbiamo conosciuto un papà con sua figlia, entrambi Sami di Karasjok, che hanno fatto una spedizione lassù per realizzare il loro grande sogno di osservare gli orsi polari, riuscendoci alla grande, e ne abbiamo approfittato per fare una bella chiacchierata insieme.
Ma chi sono i Sami? I Sami sono l’unico popolo indigeno ufficialmente riconosciuto nell’Unione europea e la loro cultura è la più antica del Nord Europa, dove vivono da oltre 5.000 anni. Ad oggi si pensa che ne siano rimasti solamente circa 75/80.000, suddivisi in una regione che copre 4 paesi: dalla penisola di Kola (Russia) fino alla Norvegia centrale, includendo anche le regioni più settentrionali della Finlandia e Svezia. Questa regione è conosciuta come Sápmi, la Lapponia. Il paese con la maggiore concentrazione di Sami è la Norvegia che ne ospita oltre 40.000, seguita dalla Svezia che ne ospita circa 15/20.000, dalla Finlandia che ne ospita circa 7/9.000 e infine dalla Russia che ne ospita circa 2.000.
La storia di questo popolo risale a migliaia di anni fa come testimoniano le scritture rupestri ritrovate ad Alta (Norvegia) ma, essendo sempre stata tramandata solo oralmente, le prime fonti ufficiali scritte si trovano nelle opere dell’autore romano Tacito nel 98 d.C.. Circa 900 anni più tardi, un capo norvegese in visita a re Alfredo il Grande d’Inghilterra parlò di questi pastori di renne, che gli pagavano le tasse nella forma di pellicce, piume e ossa di balena. La prima opera in cui si parla invece degli usi e dei costumi dei popoli nordici è l’Historia de gentibus septentrionalibus pubblicato dallo svedese Olao Magno a Roma nel 1555. Fino al 1500 circa i Sami erano per lo più allevatori di renne, pescatori e dediti alla caccia. Conducevano uno stile di vita nomade deciso dalle migrazioni delle renne e abitavano in capanne trasportabili chiamate Kota oppure in tende chiamate Lavvu.
Sin dall’antichità sono sempre stati suddivisi in tre gruppi. I Sami delle Montagne, anche chiamati i Sami delle Renne, erano i pastori di renne. La pastorizia delle renne iniziò tra il XVI e il XIX secolo e prima di allora vivevano di pesca e caccia alle renne, all’alce e altri animali. I Sami delle Foreste vivevano nelle foreste tra Svezia e Finlandia pescando nei laghi e nei fiumi e cacciando gli animali selvaggi. I Sami del Mare vivevano in siida lungo la costa della Norvegia settentrionale e del Mare Artico e si sostentavano con la caccia durante la stagione invernale e con la pesca nell’oceano durante la stagione estiva.
Oggi invece la maggior parte dei Sami ha abbandonato l’allevamento delle renne, al quale è legato solamente il 10% dell’intera popolazione. Molti giovani hanno scelto di trasferirsi in città, mentre altri portano avanti altre attività come la pesca o il turismo.
In Lapponia e in Scandinavia ancora oggi si trovano diversi villaggi Sami, alcuni abbiamo avuto modo di visitarli e altri li visiteremo presto, di cui vi elenchiamo i più importanti:
❄ Kautokeino, è forse la capitale culturale dei Sami in cui circa il 90% della popolazione parla Sami. Nel villaggio si trovano diverse istituzioni Sami, tra cui una scuola superiore Sami e una scuola per l’allevamento delle renne, il Sami University College, il Teatro Sami Beaivvás, il Nordic Sami Research Institute, il Sami Language Board, il Resource Centre for the Rights of Indigenous People, l’International Centre for Reindeer Husbandry, il giornale Áššu in lingua Sami, la casa editrice DAT Sami e la casa discografica. Qui nel 1852 si è svolta la ribellione di Kautokeino, una delle poche ribellioni di questo popolo contro l’oppressione del governo norvegese nei loro confronti.
❄ Inari, è la sede del Parlamento Sami finlandese, del Centro Culturale Sami Sajos, del SAKK (Saamelaisalueen koulutuskeskus) l’Istituto scolastico Sami, dell’Anarâškielâ servi ovvero l’Inari Sami Language Association e del Siida, uno dei migliori musei Sami al Mondo.
❄ Karasjok, è la sede del Parlamento Sami norvegese e può vantare di essere la capitale Sami della Norvegia sebbene il villaggio stesso abbia meno di 2.000 abitanti. Nel villaggio si trovano anche altre importanti istituzioni Sami, tra cui la NRK Sami Radio, la Sami Specialist Library, il museo Sami Collections, il Sápmi Cultural Park, il Sami Art Center, l’ufficio legale del Mid-Finnmark, un ambulatorio psichiatrico per bambini e adolescenti, un Centro medico Sami e il Sami Health Research Institute.
❄ Kiruna, è la sede del Parlamento Sami svedese.
❄ Murmansk, ospita la sede del Kuelnegk Soamet Sobbar (Kola Sami Assembly), il Parlamento Sami russo che, ad oggi, il Governo russo non ha ancora accettato.
❄ Jokkmokk, dove si svolge un mercato tradizionale Sami e ospita una scuola Sami per la lingua e la conoscenza tradizionale chiamata Samij Åhpadusguovdásj.
❄ Östersund, è un villaggio dei Sami del Sud e ospita il Gaaltije, un centro culturale che racconta la storia e la cultura dei Sami del Sud, il Sami Information Centre e uno degli uffici del Parlamento Sami in Svezia.
❄ Lovozero, è il centro culturale dei Sami russi.
❄ Neiden/Näätämö, è il centro dei Sami Skolt sul confine tra Norvegia e Finlandia e la città ospita un museo dedicato a loro.
❄ Sevettijärvi, è il centro dei Sami Skolt. È stata fondata quando 51 famiglie Skolt sono state trasferite lì da Petsamo (Russia) dopo le guerre del 1949 ed è uno dei pochissimi luoghi in cui è ancora possibile ascoltare la lingua Skolt, o Sami dell’Est.
❄ Nellim, è chiamato il punto d’incontro di tre culture. Qui si trovano i Sami di Inari, i finlandesi e i Sami Skolt. Il villaggio di Nellim si trova vicino al confine russo, a circa 40 chilometri da Ivalo.
❄ Hattfjelldal, è un centro meridionale con una scuola di lingua che insegna il Sami del Sud e un centro culturale Sami.
❄ Arjeplog, è un villaggio di Sami Pite in Svezia.
❄ Tysfjord, è un comune di Sami Lule e vi si trova il centro Árran Lule-Sami.
❄ Kåfjord, è un comune importante per i Sami del Mare e ospita un centro di lingua Sami e il centro Ája Sami.
Altri villaggi Sami sono Nuorgam, Utsjoki, Karigasniemi, Vuotso, il villaggio Sami più a sud in Finlandia, Purnumukka, Nesseby, Tana, Porsanger, Övre Soppero.
Per approfondimenti: Villaggi Sami in Lapponia: quali visitare per scoprire la cultura Sami.
L’importanza delle renne per i Sami e le 8 stagioni
Nell’antichità le renne per i Sami erano di vitale importanza e, oltre ad essere allevate ed utilizzate per il trasporto, erano anche la fonte nutrizionale principale per le famiglie. Oltre alla carne di renna, la loro cucina include carne di pecora e di alce, pesce, patate, barbabietola, angelica, funghi, bacche e varie erbe. Il grasso di renna è comunemente usato al posto del burro o del latte. La slitta trainata dalle renne è stata per loro l’unico mezzo di trasporto anche se, grazie ad un reperto del 1500 a.C., si pensa che utilizzassero anche una sorta di sci di legno.
L’allevamento delle renne per questo popolo è sempre stato uno degli elementi più importanti della loro cultura in quanto, tramite questa attività, riuscirono a sopravvivere per molti secoli. Dalle renne potevano procurarsi il cibo e il latte per sfamare l’intera famiglia, mentre dal corpo potevano ricavare le pelli per le loro kota o lavvu e per i loro abiti, oppure le corna e le ossa per fabbricare utensili e strumenti per la caccia e il lavoro. L’allevamento delle renne li portava a dover condurre uno stile di vita nomade che li vedeva in pianura durante l’inverno e nei pascoli in montagna durante i mesi più caldi.
Oggi invece questa tradizione si è sempre più ridotta e la pastorizia delle renne viene praticata sempre meno. Negli ultimi anni i Sami che vivono nel nord, oltre ai mezzi di sussistenza tradizionali e ai loro lavori all’interno della comunità, hanno integrato la loro attività con servizi per il turismo.
L’allevamento delle renne segue un ciclo di vita annuale e segue il ciclo delle 8 stagioni presenti nella cultura Sami. Il periodo che va da Dicembre a Marzo è la più lunga delle 8 stagioni, l’inverno (Dálvve), con temperature rigide che possono arrivare a toccare i -30/-40° e il paesaggio completamente innevato. In questo periodo le mandrie di renne possono pascolare liberamente. Grazie al loro corpo che si adatta egregiamente al clima artico, le renne sono in grado di immagazzinare acqua ed energia durante i periodi freddi.
Marzo e Aprile indicano l’inizio della primavera (Gidádálvve) che porta calore e luce dopo diversi mesi di rigido clima invernale. In questo periodo le renne si spostano dai loro pascoli invernali a quelli estivi. Aprile e Maggio indicano la primavera (Gidá), quando il ghiaccio inizia a sciogliersi. In questo periodo nascono i cuccioli di renna. Fine Maggio e Giugno invece indicano l’inizio dell’estate (Gidágiesse), quando il paesaggio si tinge di un meraviglioso verde acceso. In questo periodo le renne pascolano liberamente. Giugno e Luglio segnano la tanto attesa estate (Giesse), con temperature miti e notti illuminate dal Sole di Mezzanotte che porta luce per 24 ore. In questo periodo i Sami raccolgono le renne nei loro recinti estivi, dove marchiano i cuccioli tagliando e incidendo il marchio sull’orecchio con un coltello. Il marchio è unico per ogni pastore di renne ed è riportato su tutte le renne del suo branco.
Agosto e Settembre indicano l’inizio dell’autunno (Tjaktjagiesse), il periodo di passaggio dall’estate, che lentamente scompare, all’autunno. In questo periodo le renne al pascolo ne approfittano per nutrirsi di tutto ciò che la terra ha da offrire, aiutando così lo sviluppo dello strato di grasso e della massa muscolare che gli serve per proteggersi dal freddo durante la stagione invernale. Settembre e Ottobre indicano l’autunno (Tjaktka), quando le giornate sono ancora abbastanza calde e piacevoli mentre di sera inizia a comparire la prima brina che ricopre il paesaggio.
In questo periodo i Sami macellano i maschi delle renne. Novembre e Dicembre indicano l’inizio dell’inverno (Tjaktjadálvve), quando le giornate iniziano ad accorciarsi sempre di più e la prima neve inizia a cadere ricoprendo il paesaggio con un soffice manto bianco. In questo periodo le mandrie di renne vengono divise in gruppi e vengono trasportate ai pascoli invernali nei boschi e, in alcuni casi, fino alla costa.
L’allevamento delle renne in Lapponia svedese e norvegese è consentito solo ai Sami che si sono iscritti all’associazione degli allevatori e che hanno ottenuto una speciale licenza chiamata reinmerke. Questa licenza certifica l’origine Sami dell’allevatore e la presenza nella sua famiglia di antenati che hanno svolto questo tipo di attività. Tutto questo dovrebbe servire a preservare la cultura Sami e questa antica tradizione tramandata di generazione in generazione.
In Lapponia finlandese invece le renne sono di proprietà di diverse famiglie e diversi pastori, ma pascolano all’interno di un pascolo collettivo insieme alle mandrie di altre famiglie. Questi pascoli sono gestiti da un’associazione di allevatori di renne, conosciuta in finlandese come paliskunta. Ci sono 56 paliskunta in Finlandia e ognuna di essa può ospitare solamente 200.000 renne per consentire al terreno di recuperare e rigenerarsi per un uso continuato.
Le renne hanno sempre avuto un posto speciale nelle storie e nelle tradizioni dell’Artico e sono sempre state parte dei miti e dei racconti della gente del Nord in tutto il mondo. I Sami ad esempio hanno diverse credenze legate alle renne, alla loro nascita e al loro utilizzo. Una storia narra che un tempo esistevano solamente due renne, possedute da due sorelle. Le renne erano libere di pascolare nella natura incontaminata, ma tornavano sempre per essere munte dalle due ragazze. Mentre una sorella era gentile e si prendeva cura della sua renna, l’altra era cattiva e la maltrattava, a volte anche picchiandola. Un giorno la renna maltrattata ne ebbe abbastanza, fuggì nel deserto Artico e non tornò mai più. Da allora si crede che le renne selvatiche discendano da questa renna e che le renne domestiche discendano dall’altra.
Un’altra leggenda narra che il Sole possedeva un branco di renne cosmiche ed era solito farsi trainare intorno al mondo su una slitta. All’inizio dell’anno la slitta era trainata da un orso forte, rendendo il Sole luminoso e potente. Ma durante il corso dell’anno egli rimpiazzò il suo orso con una renna maschio e poi con una renna femmina, facendo sì che il Sole diventasse sempre più debole fino a svanire completamente durante l’inverno. Un’altra antica storia di Sami lega le renne ad una costellazione nel cielo notturno e narra di un cacciatore con l’arco rivolto verso la renna cosmica in una caccia eterna. Quando la freccia atterrerà e la renna cosmica cadrà, il mondo come lo conosciamo finirà.
Abbigliamento, duodji e la loro bandiera
I Sami non sono mai riusciti a crearsi un proprio stato indipendente e sono quindi legati alle 4 nazioni in cui vivono, dove comunque hanno un proprio parlamento in ognuna di esse. Al di fuori di questi parlamenti è esposta la loro bandiera, alzata in occasione delle festività Sami.
I Sami hanno adottato la loro bandiera attuale il 15 agosto 1986 alla 13a Conferenza Nordica Sami ad Åre, in Svezia. L’attuale bandiera è stata progettata da Astrid Båhl, la quale ha battuto la concorrenza di oltre 70 altri progetti, ed è stata favorita al design non ufficiale e più minimalista della prima bandiera progettata da Synnøve Persen nel 1977. Nel 2003 la Norvegia ha concesso lo status ufficiale sulla bandiera Sami, il che significa che tutti i comuni del paese devono alzare la bandiera durante il Sami National Day, il 6 febbraio.
La bandiera riporta i colori rosso, giallo, verde e blu. Questi colori sono comunemente usati sul gákti, il loro costume tradizionale. La larghezza delle strisce indica la distribuzione della popolazione Sami nei quattro stati tra cui sono divisi: il rosso per la Svezia, il verde per la Finlandia, il giallo per la Russia e il blu per la Norvegia che ospita la maggior parte della popolazione. Il colore indica anche gli elementi naturali a cui sono legati. Il cerchio simboleggia il Sole (mezzo cerchio rosso) e la Luna (il mezzo cerchio blu), elemento che compare anche su alcuni tamburi sciamani.
Secondo alcune versioni i colori hanno anche un significato più specifico: rosso per il fuoco, blu per l’acqua, giallo per l’aria e verde per la terra. La bandiera si ispira ad un poema mitologico che afferma che i Sami sono “figli del Sole”, ma i Sami sono anche indicati come “discendenti dei figli del Sole” nel loro inno nazionale.
L’inno nazionale ufficiale dei Sami è la The Song of the Sámi Family, scritto da Isak Saba, il primo parlamentare Sami in Norvegia, e la musica è della compositrice norvegese Arne Sørlie.
Gákti è il nome del costume in lingua Sami del Nord, mentre in norvegese è chiamato kofte e in svedese è chiamato kolt. Il Gákti tradizionale, così come le scarpe, veniva realizzato utilizzando la pelle di renna, mentre attualmente viene realizzato utilizzando seta, cotone o lana. È l’abito utilizzato solitamente durante le cerimonie o durante il lavoro e, a seconda dei colori, dei dettagli e delle decorazioni, indica l’appartenenza ad una famiglia o ad una specifica comunità. Il Gákti tradizionale è una casacca caratterizzata da un colore dominante (blu, grigio o nero) e adornata da fasce rosse, blu, gialle e verdi, trecce, ricami in peltro e spesso un colletto alto.
La versione maschile è più corta rispetto a quella femminile e può essere indossato con una cintura (pieghettata, trapuntata o con bottoni argentati), gioielli in argento, calzature tradizionali in pelle e una sciarpa di seta. Secondo la tradizione, se i bottoni sulla cintura sono quadrati chi lo indossa è sposato mentre se sono rotondi chi lo indossa non è sposato. Il taglio dell’abito è diverso a seconda del sesso del proprietario e, in alcune zone, anche a seconda dell’età del proprietario e dello stato civile. I gakti tendono ad essere più lunghi nelle aree a Sud del Sápmi rispetto al Nord.
Le scarpe tradizionali sono realizzate con pelle di renna e hanno una punta appuntita e arrotondata all’insù. Nell’antichità, quando utilizzavano gli sci di legno per spostarsi, questa particolare punta serviva per aiutare le corde a mantenere il piede fermo e ben legato agli sci. Possono essere bassi o alti quasi fino al ginocchio e mantengono il piede ben caldo e riparato dal freddo dell’inverno.
Sono le donne a realizzare i nuovi abiti per le loro famiglie. Usano una barra di legno con un attacco metallico per pulire e ammorbidire le pelli di renna e usano piccoli telai fatti di legno per tessere cinture e fasce decorative.
Insieme all’abito spesso indossano il čiehgahpir, comunemente conosciuto come Four Winds Hat (Cappello dei 4 Venti), una versione del tradizionale cappello da uomo. La base del cappello è un semplice cilindro blu decorato con una banda rossa con motivi a treccia, mentre la parte superiore raffigura una grande stella a quattro punte ed è di colore blu intenso con parti rosse e gialle. La decorazione del cappello Sami indica, come l’abito, il luogo di origine della persona o della sua famiglia.
Dietro questo cappello si cela una curiosa leggenda che abbiamo avuto il piacere di ascoltare da un simpatico ragazzo Sami durante uno dei nostri viaggi. Molto tempo fa la vita nel Sapmi non era affatto semplice a causa dei quattro venti che soffiavano un po’ come volevano. Una mattina ci si poteva svegliare con un bel Sole alto nel cielo e una calda temperatura estiva, mentre il giorno dopo ci si poteva svegliare con un vento freddo che soffiava da Nord e la neve che ricopriva tutto. Addirittura, a volte, tutti e quattro i venti soffiavano contemporaneamente. Un bel giorno uno sciamano si trasferì al Nord, nel Sapmi, costruì la sua tenda fregandosene dei quattro venti, accese il fuoco e cominciò a cantare lo yoik (o joik) suonando il suo tamburo come accompagnamento.
Attratti dal suo canto, i quattro venti andarono ad ascoltarlo nella sua capanna e si sedettero attorno al fuoco insieme a lui. Quando i quattro venti si addormentarono lo sciamano mise altra legna sul fuoco, la temperatura aumentò e i venti iniziarono a restringersi. Diventarono talmente piccoli da poterli tenere in mano così lo sciamano si tolse il cappello, che a quel tempo aveva una forma classica, prese i venti uno alla volta e li legò all’interno del suo cappello.
Il mattino seguente i quattro venti si sono svegliati e si sono trovati intrappolati nel cappello, si infastidirono e provarono ad uscire soffiando forte in tutte le direzioni, ma non ci riuscirono. I venti spaventati urlavano “Facci uscire!” e lo sciamano rispose “Vi libererò solo ad una condizione: dovete promettere che soffierete uno alla volta”. I venti accettarono la promessa e concordarono che in futuro il Vento del Nord avrebbe soffiato solo in inverno, il Vento dell’Est in primavera, il Vento del Sud avrebbe soffiato calorosamente nelle sere estive e il Vento dell’Ovest avrebbe soffiato a Settembre per annunciare l’autunno. Come promemoria di questa promessa lo sciamano promise ai quattro venti “D’ora in poi tutti gli uomini nel Sápmi indosseranno un cappello dei quattro venti”. Lo Sciamano salutò i quattro venti sventolando il suo cappello che, magicamente, prese la forma di una stella a quattro punte.
Un altro indumento Sami è il beaska, un cappotto fatto di pelliccia di renna utilizzato dai Sami in particolare a Torne. Beaska significa pelliccia più spessa ed è usata principalmente dalle persone più ricche. Il luhkka invece è una mantella invernale con cappuccio, tipo poncho, che copre fino al gomito o fino al polso. Lo utilizzano i Sami della Scandinavia settentrionale e della Finlandia ed è tradizionalmente indossato sopra il Gákti o il beaska.
Duodji è l’artigianato Sami tradizionale, risalente all’epoca in cui erano nomadi autosufficienti e isolati dal mondo esterno, ed è un giusto mix tra funzionalità, utilità, arte ed eleganza. Gli articoli maggiormente prodotti sono pensati per essere utilizzati al lavoro e nella quotidianità e solitamente sono coltelli, astucci, borse da donna, tazze di legno, alcuni articoli di abbigliamento, e tanto altro. L’artigianato Sami era diviso in due sottogruppi, l’artigianato maschile, fatto soprattutto con legno, palchi e ossa di renna, e femminile, fatto soprattutto con cuoio e radici.
Un oggetto che abbiamo avuto modo di vedere spesso e di costruire è la kuksa (in finlandese, guksi in norvegese e kåsa in svedese), la tradizionale tazza in legno che ogni Sami porta legata alla propria cintura. La kuksa tradizionale è realizzata a mano tagliando e lavorando la radice di betulla, è molto più resistente di quella intagliata dal semplice legno di betulla e, se ben fatta e ben curata, dura tutta la vita. Può avere diverse dimensioni a seconda dell’utilizzo che se ne farà e diverse lavorazioni, come ad esempio il manico a uno o due fori oppure intarsi fatti con le corna delle renne. Veniva e viene tutt’ora utilizzata soprattutto per bere bevande calde o fredde e, dopo l’utilizzo, viene sciacquata con acqua e lasciata ad asciugare. Secondo la tradizione ognuno deve scolpirsi la propria kuksa oppure gli deve essere regalata o tramandata dai genitori.
Un altro elemento che non manca mai appeso alla cintura dei Sami è il coltello, che può essere di diverse forme e dimensioni a seconda dell’utilizzo. Il coltello più grande è usato al posto dell’ascia, il coltello per tutti i giorni è usato per ogni tipo di necessità e il coltello per marchiare viene usato per incidere i segni sulle orecchie dei cuccioli delle renne. Il manico del coltello è fatto di betulla e corna di renna, o totalmente di corna di renna, e termina in alto con una specie di manopola e un cavo intrecciato che serve per appenderlo alla cintura. Nelle aree del nord l’impugnatura spesso non è incisa, mentre le incisioni sull’impugnatura sono comuni nelle aree Sami centrali e meridionali. Le incisioni sui coltelli dei Sami nel Nord riportano motivi geometrici di stelle, fiori o cuori, mentre nelle altre aree riportano motivi e linee tutte intrecciate.
La lingua dei Sami
Il popolo Sami, essendo un’etnia vera e propria, ha di conseguenza una propria lingua. Spesso si pensa che il Sami sia una singola lingua ma in realtà Sami è il nome generale del gruppo delle lingue degli Urali, suddiviso in vari dialetti. La lingua deriva dal gruppo Ugro-Finnico e comprende ben 11 dialetti Sami, di cui solamente 9 sono sopravvissuti fino ai giorni nostri. I dialetti sono:
- Sami del Sud (Åarjelsaemien gïele), è parlato da circa 600 persone, principalmente in Norvegia, nelle contee di Hedmark e Nord-Trøndelag nei comuni di Snåsa, Røyrvik, Røros e Hattfjelldal, e in Svezia, nelle contee di Jamtland, Dalarna e Vasterbotten.
- Sami di Ume (ubmejensámien giella), è parlato da circa 10 persone, che vivono lungo il fiume Ume a nord di Arjeplog e Arvidsjaur. È uno dei dialetti a rischio estinzione.
- Sami di Pite (bidumsámegiella), è parlato da 25/50 persone, principalmente in Svezia lungo il fiume Pite nel comune di Arjeplog (Árjepluovve). È anche conosciuto come Arjeplog Sami ed è strettamente legato al Sami di Lule. È uno dei dialetti a rischio estinzione.
- Sami di Lule (julevsámegiella), è parlato da circa 1.500/2.000 persone, principalmente intorno a Luleå in Svezia, nelle parti settentrionali della contea di Nordland in Norvegia e anche nel comune di Tysfjord, dove è una lingua ufficiale.
- Sami del Nord (davvisámegiella), è parlato da circa 25.000 persone, principalmente nella Norvegia settentrionale, nella Svezia settentrionale e nella Finlandia settentrionale.
- Sami di Inari (anarâškielâ), è parlato da circa 300 persone, 269 delle quali lo parlano come prima lingua, è parlato nel comune di Inari in Finlandia ed è considerato in serio pericolo di estinzione.
- Sami di Kemi, era parlato nella parte meridionale della Lapponia finlandese e si è estinto già dagli inizi del XIX secolo.
- Sami Skolt (Sääˊmǩiõll / Nuõrttsää’m), è parlato da circa 400 persone, principalmente a Sevettijärvi e Nellim in Finlandia e il resto nella zona che circonda il Lago Lovozero in Russia.
- Sami di Akkala, era parlato nella penisola di Kola e si è estinto nel 2003, quando scomparve l’ultima persona che lo parlava.
- Sami di Kildin (Кӣллт са̄мь кӣлл), è parlato da circa 600 persone, principalmente nella penisola di Kola in Russia, con la più grande concentrazione di parlanti intorno a Lovozero.
- Sami di Ter (saa’mekiill), è parlato da solamente 2 persone (nel 2010) nel nord-est della penisola di Kola in Russia. È prossimo all’estinzione.
Le frontiere linguistiche non sono le stesse delle frontiere nazionali e questo è un chiaro segnale di come i confini nazionali nel Sapmi hanno diviso le aree dei Sami che, un tempo, non avevano confini.
L’alfabeto delle lingue Sami è il latino, con l’aggiunta di caratteri speciali differenti a seconda della lingua. Alcuni caratteri sono propri, altri invece sono stati presi in prestito dalle lettere speciali del finlandese, dello svedese e del cirillico.
Secondo un articolo della Costituzione della Norvegia, adottato nel 1988, le autorità statali devono prendersi cura del mantenimento della lingua e della cultura del popolo Sami. Secondo il Sami Language Act, la lingua oggi è diventata ufficiale nelle contee del Finnmark e di Troms e in molti municipi della Lapponia norvegese come Kautokeino, Karasjok, Porsanger, Tana, Gáivuotna (Kåfjord), Nesseby, Tysfjord e Snåsa, mentre per la Lapponia finlandese i comuni che hanno adottato ufficialmente la lingua Sami sono quelli di Enontekiö, Inari, Sodankylä e Utsjoki.
In Finlandia il Sami Language Act del 1991 ha concesso al popolo Sami il diritto di utilizzare la propria lingua per tutti i servizi governativi e sono riconosciute ufficialmente tre lingue Sami: il Sami del Nord, il Sami Skolt e il Sami di Inari.
In Svezia Il Sami è diventata una delle cinque lingue minoritarie riconosciute solamente nel 2000 e può essere utilizzato nelle agenzie governative, nei tribunali, nelle scuole materne e nelle case di cura. I comuni che hanno adottato ufficialmente la lingua Sami sono Arjeplog, Gällivare, Jokkmokk e Kiruna. L’Università di Uppsala insegna il Sami del Nord e del Sud insieme all’Università di Umeå, dove viene insegnato anche il Sami di Ume.
In Russia invece il Sami non rientra tra le lingue ufficiali riconosciute. Il Sami viene insegnato all’Università di Murmansk dal 2012, mentre prima di allora veniva insegnato solamente all’Istituto dei Popoli del Nord (Институт народов севера) a San Pietroburgo.
Pensate che esiste una sola parola Sami presa in prestito nella lingua inglese ed è il termine duottar che significa montagna spoglia, arrivato in seguito nella lingua finlandese come tunturi e in russo e in inglese come tundra.
La lingua Sami è ricca di parole che descrivono gli animali, la famiglia e la loro terra. Ci sono circa 400 parole per descrivere le renne, ci sono parole per i diversi colori, per le dimensioni, per l’età, per le corna e per la pelliccia. Altre parole indicano invece quanto la renna sia docile o quanto sia brava a tirare la slitta. C’è anche una parola che descrive una renna maschio in ogni anno della sua vita.
Ci sono anche centinaia di parole che differenziano la neve in base alla sua età, alla profondità, alla densità e alla durezza. Alcune tra queste sono:
- Vahtsa: indica i 3 o 4 centimetri di neve fresca che cade e si deposita in cima a neve vecchia. Se la nuova neve è acquosa, vengono utilizzate altre parole, come slahtte.
- Slabttse: indica la pioggia che cade mista a neve. Se il nevischio rimane a terra si chiama släbtsádahka o semplicemente släbsát.
- Skilltje, bulltje e tjilvve: questi termini vengono utilizzati per indicare i pezzi di neve e ghiaccio che si attaccano ad oggetti, renne, muschio e alberi. I grandi pezzi di neve che si attaccano ad una casa sono quasi sempre chiamati bulltje.
- Åppås: indica la neve vergine, senza tracce. La parola è usata principalmente per indicare l’assenza di tracce di renna e che quindi nessuna renna è stata al pascolo.
Altre parole invece descrivono la velocità dell’acqua che scorre nei fiumi.
Antiche credenze Sami
Prima del cristianesimo, le credenze dei popoli Sami tradizionali erano basate sulla pratica dello sciamanesimo e dell’animismo. Tradizionalmente i Sami credevano che gli spiriti vivessero negli elementi naturali e credevano che gli animali, le rocce e, in generale, la natura avessero una propria anima. I Sami trattavano ogni forma vivente con estremo rispetto e credevano di poter comunicare con gli animali, il vento e il Sole.
Credevano che alcune persone avessero poteri speciali e che potevano fare da intermediari tra il mondo spirituale e quello materiale. Questa persona era lo sciamano, chiamato noaidi, che si consultava con i morti entrando in trance dopo aver suonato il suo tamburo magico e cantato lo juoigan (joik) in lingua Sami. Lo sciamano chiedeva agli spiriti aiuto durante i periodi di caccia o in periodi di fame e malattia. Il tamburo magico aveva una grande importanza simbolica per il popolo Sami. Il noaidi usava il tamburo per interpretare i messaggi degli dei.
Dopo averlo suonato veniva posto sul tamburo un vuorbi, un puntatore di ottone o di corno, e, in base al simbolo su cui si fermava, lo sciamano poteva interpretare il messaggio degli dei. I simboli sul tamburo magico erano rappresentazioni di immagini naturali, divenute simboli con il passare del tempo. Spesso venivano raffigurati anche i 3 mondi in cui credevano i Sami e a volte venivano raffigurate anche 3 divinità femminili, le figlie di Máttaráhkká, la Madre Terra.
I Sami credevano anche nella presenza di piccole creature, chiamate ulda, che vivevano nel sottosuolo. Queste creature potevano sia aiutare che danneggiare le persone.
In Lapponia ci sono diversi luoghi chiamati Seite o Sieidi, rocce o forme di terra naturali che venivano adorate dal popolo Sami e considerate come porte di accesso al mondo degli spiriti. I Sieidi erano considerati vivi e richiedevano un’attenzione regolare o le conseguenze potevano essere devastanti e portare a mancanza di fortuna, malattia o persino alla morte. I Sami erano soliti offrire gioielli o sacrifici, in genere renne, agli spiriti e l’offerta veniva fatta in questi luoghi sacri.
Come in molte altre culture, anche i Sami dividevano il cosmo in 3 mondi differenti, il mondo superiore, il mondo di mezzo e il mondo inferiore, ai quali potevano accedere tramite sacrifici e rituali speciali. Nella tradizionale credenza Sami il Mondo Superiore è associato al Sud, al calore, alla vita ed è di colore bianco. Questo è il mondo del Sole (femmina) e la figura della Madre Terra, Máttaráhkká.
Il Mondo di Mezzo è associato alla vita di tutti i giorni. È formato dagli uomini e da alcuni animali, come gli orsi, ed è di colore rosso. Questo Mondo è separato dagli Inferi da un fiume di sangue, attraversato in una direzione dalle anime dei morti e nella direzione opposta dalle anime dei neonati appena tornati nel mondo dei vivi. Il Mondo Inferiore è abitato da creature che nuotano come lontre e foche. È associato al Nord, al freddo, alle sorgenti gorgoglianti, alle profonde caverne ed è di colore nero.
Nella cultura Sami, così come in altre culture della Siberia e del Nord America, uno dei culti più importanti era il culto dell’orso. L’orso era considerato un animale sacro in quanto si pensava che fosse un tramite tra il mondo terreno e l’altro mondo. Per loro non era una semplice caccia ma bensì un importante rituale da seguire nei minimi dettagli, affinché il sacrificio dell’orso non fosse stato vano. Se condotti correttamente, i rituali dell’orso garantivano all’animale di rinascere nel sáiva, l’altro mondo dei Sámi che si trovava sottoterra o sotto la superficie delle acque, dove finivano anche gli spiriti di altri animali sacrificati e le anime degli sciamani morti.
All’inizio della primavera veniva mandata una piccola squadra nella foresta alla ricerca di una tana d’orso. Una volta trovata, la squadra tornava all’accampamento per consultarsi con lo sciamano, il quale a sua volta si consultava con il suo tamburo magico. Dopodiché la stessa squadra, capitanata dall’uomo che aveva trovato la tana, tornava nuovamente verso quest’ultima per svegliare l’orso. Si pensava infatti che così facendo la sua anima, nel caso in cui si fosse allontanata dal suo corpo, potesse ritornare. Questo era uno dei punti più importanti per permettere all’anima dell’orso di andare nel saiva. Il giorno successivo la stessa squadra tornata verso la tana per uccidere l’orso. Veniva posizionata una particolare lancia all’ingresso della tana in modo tale che, uscendo, l’orso si trafiggesse da solo. Successivamente l’animale ormai morto veniva portato verso il villaggio su una slitta trainata da una renna.
La carne veniva in seguito divisa e cucinata dagli uomini in un goathi appositamente costruito e nel quale le donne non potevano entrare. Era necessario proteggere le donne dall’anima dell’orso e quest’ultime, per un anno, non potevano spostarsi sulla renna utilizzata per trasportare l’orso e per 3 giorni non potevano avvicinarsi all’uomo che lo aveva ucciso. Il rituale proseguiva con la purificazione degli uomini presenti all’uccisione dell’orso e con il funerale dell’animale. Le ossa e la testa dell’orso venivano sepolte ricostruendone lo scheletro. Secondo i Sami, sia l’uomo che l’animale potevano ricevere un nuovo corpo nell’altro mondo, purché lo scheletro fosse mantenuto intatto. Infine la pelle dell’orso veniva appesa, le donne venivano bendate e gli venivano dati arco e frecce. Il marito della prima donna a colpire la pelle sarebbe stato il prossimo a dover compiere il sacrificio dell’orso.
I Sami si consideravano i figli del Sole e non a caso una delle divinità più adorate era Beaivi, il nome Sami del Sole e della divinità solare (femmina). Era particolarmente importante per le comunità oltre il Circolo Polare Artico dove nel periodo invernale il Sole non sorge mai. Durante il solstizio d’inverno veniva sacrificata in suo onore una renna bianca femmina per assicurarsi che il Sole tornasse ad illuminare il Sapmi. Beaivi portava fertilità, faceva crescere le piante così che le renne potessero nutrirsi e riprodursi. Portava ricchezza e prosperità agli uomini e allontanava gli spiriti cattivi e le malattie.
Horagallis era il dio del tuono e della fertilità ed era colui che creava la pioggia che faceva crescere le piante. Al tempo stesso poteva diventare molto pericoloso, causando inondazioni e incendi. Era quindi necessario offrirgli dei sacrifici per non scatenare la sua ira. Bieggolmai era l’imprevedibile dio del vento e della tempesta. Thjathjeolmai era il dio dell’acqua che presidiava i laghi e i fiumi e dava fortuna ai pescatori. Mano era la dea della Luna ed era abbastanza imprevedibile e pericolosa. Veniva adorata nel periodo della Luna nuova e in quel periodo era vietato fare rumore. Leibolmai era il dio della caccia e controllava gli animali selvaggi nella foresta. I cacciatori facevano dei sacrifici in suo onore per ottenere fortuna nella caccia.
I Sami avevano anche 4 divinità domestiche protettrici della casa, delle donne, della gravidanza e delle nascite. Máttaráhkká era la dea madre situata nella parte interna della casa e riceveva le anime pronte per l’incarnazione. Essa aveva tre figlie: Juoksáhkka, situata nell’area sacra accanto al camino, decideva se il futuro nascituro dovesse essere femmina o maschio, Sáráhkká, situata sotto al caminetto, era la dea del fuoco, della fertilità e delle nascite e proteggeva le bambine, Uksáhkka, situata sull’uscio, controllava le entrate nella kota e proteggeva i bambini piccoli.
Nel corso del tempo i Sami si sono convertiti al cristianesimo e oggi la maggior parte di essi pratica la religione luterana. Altri invece si sono convertiti alla religione ortodossa, specialmente i Sami della Lapponia russa.
I ruoli nelle famiglie e l’abitazione dei Sami
In passato la società Sami era suddivisa in Siida, gruppi familiari, che vivevano insieme e condividevano le risorse naturali. Un Ssiida era guidato dalla persona più anziana del gruppo, indipendentemente dal sesso. Il capo aveva il controllo di tutti gli aspetti della vita quotidiana, come ad esempio dove e quando il gruppo si sarebbe mosso oppure chi doveva andare a pesca e in quale area, e si incontrava con gli altri anziani per discutere dei problemi comuni. Alcune famiglie erano nomadi, mentre altre vivevano in insediamenti permanenti. I Sami nomadi solitamente erano i pastori di renne, mentre i Sami che vivevano in insediamenti permanenti spesso si sostenevano pescando. Oggi solo i pastori di renna Sami vivono in Siida e solamente per una parte dell’anno.
I Sami solitamente costruivano due tipi di abitazioni, il goathi in Sami del Nord (kota in finlandese, kåta in svedese e gamme in norvegese) e il lavvu. Il goathi è una capanna mobile rivestita di tessuto, torba o legname. È molto simile al lavvu, ma è più grande e con una forma più allungata. Per costruirlo si posiziona prima di tutto un palo centrale dritto. Successivamente si montano due coppie di pali ricurvi tenuti in posizione da due traverse. Infine vengono posizionati tutti i pali più sottili disposti intorno alle pareti. Una volta posizionati tutti i pali si passa al rivestimento che viene appoggiato sulla struttura e legato.
Al suo interno era tutto molto ordinato ed era solitamente suddiviso in 5 spazi differenti. L’ala centrale era costituita dalla porta e dal relativo spazio d’ingresso (uksageahče), poi dal camino (ára) e infine dalla cucina (boaššu). Le due aree laterali invece costituivano le aree dove si viveva e si dormiva (loaiddut). Il pavimento veniva ricoperto con rami di betulla sui quali venivano messe poi le pelli di renna. I Sami credevano che una dea chiamata Sáráhkká vivesse sotto il camino ed era consuetudine sacrificarle una spruzzata di caffè. Il goathi rivestito di torba veniva costruito quando era necessaria un’abitazione permanente o quando dovevano fermarsi da qualche parte per lunghi periodi prima di spostarsi nuovamente.
Il lavvu è un’abitazione temporanea utilizzata dal popolo Sami che gli permette di seguire le loro mandrie di renne. È ancora oggi usato come rifugio temporaneo dai Sami o come base durante le escursioni turistiche. Le modalità di costruzione sono molto simili a quelle del goathi. A differenza di quest’ultimo il lavvu non necessita di un palo centrale e i restanti pali non vengono legati tra di loro. Il rivestimento esterno era fatto di pelli di renna fino al XIX secolo quando poi sono state sostituite dal tessuto. Il lavvu è stato ed è tutt’ora un forte simbolo culturale per i Sami. Alla fine della Seconda Guerra Mondiale, inverno ’44/45, le truppe tedesche si ritirarono verso ovest attraverso la Norvegia settentrionale e bruciarono la maggior parte delle abitazioni. Molti Sami sono stati costretti a vivere nei lavvu per molti anni a causa della mancanza di alloggi e della forte disoccupazione.
Un altro evento in cui il lavvu ha avuto un ruolo importante è stato durante le proteste di Alta, in Norvegia, dal 1979 al 1981. Un lavvu fu allestito di fronte allo Storting, il Palazzo del Parlamento Norvegese, quando diversi Sami iniziarono uno sciopero della fame per protestare contro il progetto di costruzione di una diga che avrebbe distrutto i pascoli dove i pastori Sami portavano le loro renne e inondato il villaggio Sami di Máze. Questo lavvu divenne il centro della lotta politica per i diritti Sami e questo conflitto ha dato i natali al Comitato per i Diritti Sami e al successivo Sami Act del 1987. Questo a sua volta divenne la base per la fondazione del Sámediggi, il Parlamento Sami norvegese eletto nel 1989, tanto che la forma dello stabilimento ricorda proprio una lavvu. Il lavvu è anche lo stemma del comune di Guovdageaidnu (Kautokeino).
Festival e tradizioni
I Sami hanno un proprio modo di cantare chiamato joik, una delle più antiche tradizioni musicali in Europa. Lo joik è tradizionalmente un canto a cappella, ovvero senza musica che lo accompagna. Oggi invece ci sono joik eseguiti anche con strumenti musicali. Una composizione joik è in genere ispirata ad un animale, un luogo o a una persona di cui il compositore cerca di trasferirne l’essenza. Ci sono altri due tipi di canti Sami conosciuti come lavlu (laavloe) e vuelie.
Curiosità: il team di produzione del film Frozen, incluso il compositore Christophe Beck, si è ispirato alla musica nordica per la colonna sonora del film. Durante un viaggio di ricerca in Norvegia realizzato nel 2012, il team ha scoperto Frode Fjellheim, un musicista e compositore con origini Sami. Fjellheim accettò l’invito a collaborare alla stesura della musica del film con Beck e il brano realizzato, Vuelie, divenne la canzone di apertura. Vuelie è in realtà una versione modificata della canzone Eatnemen Vuelie (che significa Song of the Earth) che Fjellheim ha originariamente scritto nel 1996. Il brano è uno joik, che il compositore ha appreso durante la sua infanzia.
❄ Il Sami National Day si celebra il 6 Febbraio, data in cui si tenne il primo Congresso Sami nel 1917 a Trondheim, in Norvegia. Viene celebrato da tutti i Sami, indipendentemente da dove vivono, viene alzata la bandiera Sami e viene cantato l’inno Sami nei vari dialetti locali. È stato celebrato per la prima volta nel 1993, in concomitanza dell’inaugurazione dell’International Year of Indigenous People a Jokkmokk (Svezia) da parte delle Nazioni Unite.
❄ La Sami Week a Tromso è una manifestazione annuale che si tiene in concomitanza del Sami National Day. Durante tutta la settimana la cultura Sami viene celebrata con concerti, conferenze e intrattenimenti serali, corsi di lingua Sami per principianti, mostre d’arte ed eventi speciali per bambini. Durante la settimana si svolgono anche i Norwegian lasso-throwing championships, campionati di lancio del lazo, e la Reindeer racing, vengono messe delle barriere lungo entrambi i lati della strada principale di Tromso per creare una pista per le corse delle renne. Lungo la strada principale sono allestite anche diverse lavvu dove è possibile assaggiare il tradizionale cibo Sami.
❄ Il mercato invernale di Jokkmokk è uno degli eventi più famosi. È il principale punto di incontro per i popoli Sami in tutta la regione del Sápmi. Il mercato si svolse per la prima volta nel 1605 su richiesta del re Carlo XI di Svezia. Il suo scopo era quello di controllare il commercio nella zona per riscuotere le tasse per il Regno. Il Jokkmokk Winter Market inizia il primo giovedì di Febbraio di ogni anno. La piccola città di Jokkmokk è situata a Nord del Circolo Polare Artico e conta una popolazione di poco più di 2.000 abitanti.
Per approfondimenti vi rimandiamo al nostro articolo Jokkmokk Market: visitare il Mercato Sami della Lapponia svedese.
❄ Il Festival di Pasqua si tiene a Kautokeino, è uno degli eventi più importanti dell’anno per i Sami e dura 4 giorni. Si celebra poco prima della migrazione primaverile delle renne ed è il momento in cui si organizzano matrimoni, battesimi e cresime. È inoltre un buon momento per fare quattro chiacchiere con amici e conoscenti. Durante questo periodo si tengono anche il World Championships in Reindeer Racing, il campionato mondiale di corsa con le renne che si svolge su sci o su slittino, il World Championships in Lassoing, il campionato mondiale di lancio del lazo, e il Sami Eurovision, un concorso musicale con partecipanti provenienti da tutto il Sapmi.
❄ Riddu Riđđu Festivàla, che significa piccola tempesta sulla costa in lingua Sami. È un festival internazionale indigeno che si tiene ogni anno durante la seconda settimana di Luglio nella città costiera di Gáivuotna – Kåfjord. Il festival si concentra sull’arte e sulla cultura dei Sami e degli indigeni di tutto il mondo. Ha un programma diversificato per bambini, giovani e adulti. Musica, film, seminari, work-shop, arte, letteratura e teatro sono solo alcune delle attività proposte all’interno di capanne, yurte, tjum o lavvo, tutte tradizionali dimore indigene.
❄ Márkomeannu, un festival culturale e musicale Sami che si tiene ogni anno a fine Luglio, vicino al confine con i comuni di Skånland a Troms e Evenes nel Nordland, nella Norvegia settentrionale. L’idea alla base di Márkomeannu è quella di celebrare la cultura e le tradizioni dei villaggi Sami, attraverso concerti, mostre, seminari e spettacoli teatrali. Fino al 2006, il festival è stato organizzato dall’associazione giovanile Stuornjárgga Sámenuorak, ma a partire dal 2007 è stato organizzato dalla propria associazione, Márkomeannu Searvi. Il festival ha ricevuto il premio culturale della contea di Troms nel 2017.
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